Nella Cina antica l’oro non aveva lo stesso valore simbolico, economico e sociale che gli era, invece, attribuito in molte altre culture. Nonostante fossero utilizzati nell’alchimia e per decorare oggetti di bronzo sin dalla dinastia Shang (II millennio a.C.), l’oro e l’argento erano infatti piuttosto rari, difficilmente utilizzati nella produzione di vasellame rituale e sicuramente non dotati, per le élites del Paese di Mezzo, di quell’importanza attribuita, invece, ad altri due materiali: la giada e il bronzo. Vi fu, tuttavia, un periodo della Cina dinastica, in larga parte coincidente con il dominio Tang (618-907), in cui la lavorazione dell’oro raggiunse in Cina livelli di quantità e qualità mai conosciuti in precedenza e che sarebbero rimasti ineguagliati. Quali fattori permisero agli artigiani cinesi di eccellere in maniera quasi improvvisa nella lavorazione dei metalli preziosi e perché questi manufatti iniziarono a godere del favore dell’aristocrazia come mai in passato? La stabilità politica raggiunta dall’Impero Tang, la sua ampiezza e la sua potenza, oltre alle tecniche e ai manufatti, che penetrarono in Cina lungo le Vie della Seta, l’influenza della religione buddhista e il cosmopolitismo della capitale Chang’an, sono tutti elementi che concorsero a rendere questa un’epoca di grandi innovazioni, con la nascita di una forte committenza all’interno della corte, nell’aristocrazia e presso i grandi monasteri. L’ispirazione tratta dagli oggetti giunti in Cina tramite i commerci e gli scambi di doni con i paesi dell’Asia Occidentale e l’importanza acquisita dalle comunità straniere, in particolar modo quelle originarie della Sogdiana e dell’Iran Sasanide, caratterizzano l’artigianato del periodo, come appare evidente dalle pitture e dai corredi funebri, dalla ceramica e dai tessuti. Anche, e forse soprattutto, l’aumento della produzione e dell’uso di recipienti d’oro e argento trova le sue principali motivazioni nell’incontro con paesi per cui questi ultimi erano importanti attributi dell’aristocrazia e in cui le tecniche di lavorazione erano molto progredite. Fu, infatti, tra il VII e l’VIII secolo, nell’epoca in cui il principe Peroz, discendente dell’ultimo sovrano sasanide, e suo figlio Narses, entrarono a far parte dell’amministrazione Tang, e i mercanti provenienti dall’Iran e dalla Sogdiana controllavano il commercio internazionale, che il ruolo dell’oreficeria nell’artigianato cinese subì un radicale cambiamento. Nel Mercato Occidentale della capitale, dove erano in vendita i prodotti di importazione, si concentrava non solo la più grande comunità di mercanti provenienti da Samarcanda e Ctesifonte, ma anche di artigiani, in larga parte giunti in Cina in seguito ai contraccolpi provocati dall’espansione islamica verso est. Grazie all’apporto di questi artigiani, in cerca di nuovi committenti, le tecniche di lavorazione e decorazione dei metalli preziosi presero rapidamente piede e il gusto per l’esotico si incanalò ben presto nell’elaborazione di un nuovo stile, di gusto più palesemente cinese. Le scoperte archeologiche ci mostrano come furono ben presto avviate manifatture locali e al repertorio formale ancora ispirato a modelli stranieri fu affiancato un linguaggio decorativo locale, dando così vita ad un capitolo nuovo e, per molti versi irripetibile, della storia dell’oro in Estremo Oriente.

La via dell’oro e dell’argento. Suggestioni d’Occidente alla Corte dei Tang

VISCONTI, CHIARA
2012-01-01

Abstract

Nella Cina antica l’oro non aveva lo stesso valore simbolico, economico e sociale che gli era, invece, attribuito in molte altre culture. Nonostante fossero utilizzati nell’alchimia e per decorare oggetti di bronzo sin dalla dinastia Shang (II millennio a.C.), l’oro e l’argento erano infatti piuttosto rari, difficilmente utilizzati nella produzione di vasellame rituale e sicuramente non dotati, per le élites del Paese di Mezzo, di quell’importanza attribuita, invece, ad altri due materiali: la giada e il bronzo. Vi fu, tuttavia, un periodo della Cina dinastica, in larga parte coincidente con il dominio Tang (618-907), in cui la lavorazione dell’oro raggiunse in Cina livelli di quantità e qualità mai conosciuti in precedenza e che sarebbero rimasti ineguagliati. Quali fattori permisero agli artigiani cinesi di eccellere in maniera quasi improvvisa nella lavorazione dei metalli preziosi e perché questi manufatti iniziarono a godere del favore dell’aristocrazia come mai in passato? La stabilità politica raggiunta dall’Impero Tang, la sua ampiezza e la sua potenza, oltre alle tecniche e ai manufatti, che penetrarono in Cina lungo le Vie della Seta, l’influenza della religione buddhista e il cosmopolitismo della capitale Chang’an, sono tutti elementi che concorsero a rendere questa un’epoca di grandi innovazioni, con la nascita di una forte committenza all’interno della corte, nell’aristocrazia e presso i grandi monasteri. L’ispirazione tratta dagli oggetti giunti in Cina tramite i commerci e gli scambi di doni con i paesi dell’Asia Occidentale e l’importanza acquisita dalle comunità straniere, in particolar modo quelle originarie della Sogdiana e dell’Iran Sasanide, caratterizzano l’artigianato del periodo, come appare evidente dalle pitture e dai corredi funebri, dalla ceramica e dai tessuti. Anche, e forse soprattutto, l’aumento della produzione e dell’uso di recipienti d’oro e argento trova le sue principali motivazioni nell’incontro con paesi per cui questi ultimi erano importanti attributi dell’aristocrazia e in cui le tecniche di lavorazione erano molto progredite. Fu, infatti, tra il VII e l’VIII secolo, nell’epoca in cui il principe Peroz, discendente dell’ultimo sovrano sasanide, e suo figlio Narses, entrarono a far parte dell’amministrazione Tang, e i mercanti provenienti dall’Iran e dalla Sogdiana controllavano il commercio internazionale, che il ruolo dell’oreficeria nell’artigianato cinese subì un radicale cambiamento. Nel Mercato Occidentale della capitale, dove erano in vendita i prodotti di importazione, si concentrava non solo la più grande comunità di mercanti provenienti da Samarcanda e Ctesifonte, ma anche di artigiani, in larga parte giunti in Cina in seguito ai contraccolpi provocati dall’espansione islamica verso est. Grazie all’apporto di questi artigiani, in cerca di nuovi committenti, le tecniche di lavorazione e decorazione dei metalli preziosi presero rapidamente piede e il gusto per l’esotico si incanalò ben presto nell’elaborazione di un nuovo stile, di gusto più palesemente cinese. Le scoperte archeologiche ci mostrano come furono ben presto avviate manifatture locali e al repertorio formale ancora ispirato a modelli stranieri fu affiancato un linguaggio decorativo locale, dando così vita ad un capitolo nuovo e, per molti versi irripetibile, della storia dell’oro in Estremo Oriente.
2012
9788867190478
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/115217
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