Il saggio intende riesaminare storicamente la decorazione della cappella fondata da Ippolita de Monti nella chiesa dei Santi Severino e Sossio a Napoli, lungo un arco cronologico che va dal Cinquecento al Novecento. Recuperando la ricca documentazione ancora esistente, sono analizzate le ragioni di politica familiare e, più in generale, di gusto e di cultura, che portarono la nobildonna ad erigere un sacello in cui celebrare la memoria dei suoi tre figli maschi, nati dal matrimonio con Ugo Sanseverino e prematuramente scomparsi per assassinio. Ippolita de Monti si avvalse di un articolato ‘sistema delle arti’, in cui le varie tecniche ed i vari materiali (marmo, argento, stucco, stoffe preziose) interagivano in un insieme unitario, inteso come rappresentazione pubblica del lutto e della speranza nella resurrezione. Gli originari arredi del sacello, eseguiti alla metà del Cinquecento da artisti di primo piano che, in quegli stessi anni, erano al servizio del viceré Pedro de Toledo (Giovanni da Nola, Francesco da Sangallo, Scipione Fontana), subirono nel Settecento delle significative modificazioni, dettate da esigenze di manutenzione, di culto e di adeguamento al mutare del gusto. Riemergono, dalla rilettura di questa lunga vicenda, diverse notizie relative all’esistenza di un tabernacolo cinquecentesco sin qui ignorato dagli studi, andato poi smembrato nei rifacimenti settecenteschi, ma del quale sopravvivono ancora dei probabili resti

La cappella di Ippolita de Monti nella chiesa dei Santi Severino e Sossio a Napoli. L’arredo e le sue modificazioni, con un’ipotesi sul tabernacolo cinquecentesco

NALDI, Riccardo
2014-01-01

Abstract

Il saggio intende riesaminare storicamente la decorazione della cappella fondata da Ippolita de Monti nella chiesa dei Santi Severino e Sossio a Napoli, lungo un arco cronologico che va dal Cinquecento al Novecento. Recuperando la ricca documentazione ancora esistente, sono analizzate le ragioni di politica familiare e, più in generale, di gusto e di cultura, che portarono la nobildonna ad erigere un sacello in cui celebrare la memoria dei suoi tre figli maschi, nati dal matrimonio con Ugo Sanseverino e prematuramente scomparsi per assassinio. Ippolita de Monti si avvalse di un articolato ‘sistema delle arti’, in cui le varie tecniche ed i vari materiali (marmo, argento, stucco, stoffe preziose) interagivano in un insieme unitario, inteso come rappresentazione pubblica del lutto e della speranza nella resurrezione. Gli originari arredi del sacello, eseguiti alla metà del Cinquecento da artisti di primo piano che, in quegli stessi anni, erano al servizio del viceré Pedro de Toledo (Giovanni da Nola, Francesco da Sangallo, Scipione Fontana), subirono nel Settecento delle significative modificazioni, dettate da esigenze di manutenzione, di culto e di adeguamento al mutare del gusto. Riemergono, dalla rilettura di questa lunga vicenda, diverse notizie relative all’esistenza di un tabernacolo cinquecentesco sin qui ignorato dagli studi, andato poi smembrato nei rifacimenti settecenteschi, ma del quale sopravvivono ancora dei probabili resti
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/163837
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