La teoria culturale ha da tempo individuato nella dissimulazione e l’inganno la soglia che a un tempo vincola e separa interazioni sociali e dispositivi culturali. La pretesa naturalità, appropriatezza e inevitabilità dei processi normativi che regolano questi ultimi si regge sulla visibilità dei corpi e la reiterazione dei comportamenti celanti, simultaneamente, il gioco del reciproco riconoscimento che, solo, garantisce l’individuazione del soggetto e la sua legittima partecipazione agli immaginari sociali e collettivi. La dimensione performativa di tale assoggettamento si fonda pertanto su un’inversione prospettica che confonde cause ed effetti. Nella consapevolezza focauldiana che l’azione normalizzante del potere produce inevitabilmente anche l’anormale, inteso come eccezione alla norma, la prima produzione letteraria di Salman Rushdie ha per denominatore comune le figure di protagonisti che, situandosi al di fuori del dominio di ciò che è proprio, comune o autorizzato, si trovano altresì in una posizione privilegiata per dare luogo a eventi e considerazioni perturbanti o dissonanti. Figure dai corpi e dai comportamenti ‘grotteschi’ che realizzano e intercettano attraverso la loro materialità biologica le relazioni di potere, simboliche e materiali, connesse all’idea di nazione in India, portandone in vita le sue problematiche configurazioni storiche contraddistinte dal rapporto con l’ex-colonizzatore, la corruzione capillare delle istituzioni, e la strumentalizzazione conflittuale tanto delle diverse confessioni religiose, quanto di eredità storiche e comunitarie contrapposte. Agendo sul confine tra visibile e invisibile, le figure grottesche di Rushdie offrono in tal modo una specie di narrazione ‘in atto’ dell’intersezione radicale tra performatività e cultura.
Performare la nazione indiana: i corpi grotteschi nella narrativa di Salman Rushdie
Giuseppe De Riso
2015-01-01
Abstract
La teoria culturale ha da tempo individuato nella dissimulazione e l’inganno la soglia che a un tempo vincola e separa interazioni sociali e dispositivi culturali. La pretesa naturalità, appropriatezza e inevitabilità dei processi normativi che regolano questi ultimi si regge sulla visibilità dei corpi e la reiterazione dei comportamenti celanti, simultaneamente, il gioco del reciproco riconoscimento che, solo, garantisce l’individuazione del soggetto e la sua legittima partecipazione agli immaginari sociali e collettivi. La dimensione performativa di tale assoggettamento si fonda pertanto su un’inversione prospettica che confonde cause ed effetti. Nella consapevolezza focauldiana che l’azione normalizzante del potere produce inevitabilmente anche l’anormale, inteso come eccezione alla norma, la prima produzione letteraria di Salman Rushdie ha per denominatore comune le figure di protagonisti che, situandosi al di fuori del dominio di ciò che è proprio, comune o autorizzato, si trovano altresì in una posizione privilegiata per dare luogo a eventi e considerazioni perturbanti o dissonanti. Figure dai corpi e dai comportamenti ‘grotteschi’ che realizzano e intercettano attraverso la loro materialità biologica le relazioni di potere, simboliche e materiali, connesse all’idea di nazione in India, portandone in vita le sue problematiche configurazioni storiche contraddistinte dal rapporto con l’ex-colonizzatore, la corruzione capillare delle istituzioni, e la strumentalizzazione conflittuale tanto delle diverse confessioni religiose, quanto di eredità storiche e comunitarie contrapposte. Agendo sul confine tra visibile e invisibile, le figure grottesche di Rushdie offrono in tal modo una specie di narrazione ‘in atto’ dell’intersezione radicale tra performatività e cultura.File | Dimensione | Formato | |
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