La descrizione grammaticale cinese tradizionale suddivideva le entità linguistiche in due classi fondamentali, shící (实词) e xūcí (虚词) sulla base di categorie ontologiche proprie della filosofia prima confuciana e, poi, taoista. Fin dalle prime descrizioni della lingua da parte di viaggiatori e missionari nel ‘600 e nel ‘700 (Martini 1653, Varo 1703, Prémare 1720), la dicotomia cinese è stata resa con termini che, restringendo la polisemia originaria dei lessemi di partenza, hanno teso a concentrare la designazione intorno alla coppia ‘pieno/vuoto, laddove, shí e xū ricoprono un ventaglio di valori che include rispettivamente ‘solido, sostanziale, vero, reale, concreto, effettivo e pieno’ e ‘vuoto, falso, irreale’. La dicotomia, così intesa, ha esercitato un rilevante influsso sulla riflessione metalinguistica occidentale, andando ad associarsi a ulteriori distinzioni fondanti ai fini della classificazione delle parti del discorso, e determinando, quindi, a diverse altezze cronologiche, equivalenze di ampia fortuna, fra le quali, nella tradizione anglosassone, quelle con principals/accessories (Harris 1768) e, quindi, lexical/functional, content/grammatical, notional/relational (Crystal 1992, 1993, etc., Trask 1993). Nella tradizione italiana (Beccaria 2004, Bertinetto 1993) l’opposizione pieno/vuoto risulta sovrapponibile a coppie terminologiche quali autosemantico/sinsemantico, principale/accessorio, lessicale/grammaticale, autonomo/particella. Il lavoro si sofferma sulla ricaduta dell’opposizione categoriale di origine cinese (inizialmente percepita come “aliena" e adatta alla descrizione di una lingua “altra” quale il mandarino) sulla descrizione di lingue occidentali già ampiamente indagate in base a categorie preesistenti e diversamente articolate, a partire da quelle aristoteliche di onoma, rhema e syndesmoi. Infine, viene fatto osservare come la dicotomia pieno/vuoto, anche in virtù della sua immediatezza cognitiva, abbia avuto, di recente, una particolare fortuna in ambito glottodidattico.

Parole piene/vuote. Traduzione e ricezione di una dicotomia tradizionale cinese nella linguistica occidentale

DI PACE, Lucia;PANNAIN, Rossella
2016-01-01

Abstract

La descrizione grammaticale cinese tradizionale suddivideva le entità linguistiche in due classi fondamentali, shící (实词) e xūcí (虚词) sulla base di categorie ontologiche proprie della filosofia prima confuciana e, poi, taoista. Fin dalle prime descrizioni della lingua da parte di viaggiatori e missionari nel ‘600 e nel ‘700 (Martini 1653, Varo 1703, Prémare 1720), la dicotomia cinese è stata resa con termini che, restringendo la polisemia originaria dei lessemi di partenza, hanno teso a concentrare la designazione intorno alla coppia ‘pieno/vuoto, laddove, shí e xū ricoprono un ventaglio di valori che include rispettivamente ‘solido, sostanziale, vero, reale, concreto, effettivo e pieno’ e ‘vuoto, falso, irreale’. La dicotomia, così intesa, ha esercitato un rilevante influsso sulla riflessione metalinguistica occidentale, andando ad associarsi a ulteriori distinzioni fondanti ai fini della classificazione delle parti del discorso, e determinando, quindi, a diverse altezze cronologiche, equivalenze di ampia fortuna, fra le quali, nella tradizione anglosassone, quelle con principals/accessories (Harris 1768) e, quindi, lexical/functional, content/grammatical, notional/relational (Crystal 1992, 1993, etc., Trask 1993). Nella tradizione italiana (Beccaria 2004, Bertinetto 1993) l’opposizione pieno/vuoto risulta sovrapponibile a coppie terminologiche quali autosemantico/sinsemantico, principale/accessorio, lessicale/grammaticale, autonomo/particella. Il lavoro si sofferma sulla ricaduta dell’opposizione categoriale di origine cinese (inizialmente percepita come “aliena" e adatta alla descrizione di una lingua “altra” quale il mandarino) sulla descrizione di lingue occidentali già ampiamente indagate in base a categorie preesistenti e diversamente articolate, a partire da quelle aristoteliche di onoma, rhema e syndesmoi. Infine, viene fatto osservare come la dicotomia pieno/vuoto, anche in virtù della sua immediatezza cognitiva, abbia avuto, di recente, una particolare fortuna in ambito glottodidattico.
2016
978-88-6458-132-3
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