Che la Toscana fosse una tappa fondamentale del Grad Tour è cosa nota. Che il viaggio terminasse a Roma, Napoli o addirittura in Sicilia, Firenze rappresentava una pietra miliare dell’itinerario italiano dell’aristocrazia europea. Non tutti i viaggiatori, però, si spingevano sulla costa maremmana, nel territorio dei Presìdi di Toscana, considerato poco ospitale per la sua natura e per l’aria insalubre che vi si respirava. Questa piccola enclave del Regno di Napoli, fondata nel 1557 per volere di Filippo II e da allora sotto il dominio napoletano dapprima dei viceré spagnoli e poi, dopo la parentesi asburgica, dei Borbone, comprendeva il territorio del Monte Argentario e l’intera laguna di Orbetello con i comuni di Talamone e Santo Stefano e il territorio di Porto Longone sull’Isola d’Elba. La particolarità della tappa “presidiana” del Grand Tour risiede nella sua eccezionalità politica di enclave napoletana in territorio toscano. Vi sono esempi, infatti, in cui i passaporti per Napoli vengono richiesti al passaggio ad Orbetello e, soprattutto sul finire del Settecento, negati a coloro ritenuti pericoli o non graditi nel regno, spesso cittadini francesi. Ma cosa aveva questo territorio di “napoletano”? Come i viaggiatori vedono i porti e le fortezze dei Presìdi e come li rapportano, se lo fanno, a ciò che invece vedono nei territori campani del Regno di Napoli? L’intervento si propone, quindi, di riportare ciò che rappresentava lo Stato nei Presìdi nella rotta del Grand Tour, ma anche di analizzare se, in un immaginario confronto tra questa porta lontana e figurata del Regno di Napoli e i territori “effettivi” dello stesso Regno, si possa intravedere qualche forma di contatto.

Una tappa meno nota del grand tour. I Presìdi di Toscana, porta lontana e figurata del regno di Napoli

Antonio D'Onofrio
2018-01-01

Abstract

Che la Toscana fosse una tappa fondamentale del Grad Tour è cosa nota. Che il viaggio terminasse a Roma, Napoli o addirittura in Sicilia, Firenze rappresentava una pietra miliare dell’itinerario italiano dell’aristocrazia europea. Non tutti i viaggiatori, però, si spingevano sulla costa maremmana, nel territorio dei Presìdi di Toscana, considerato poco ospitale per la sua natura e per l’aria insalubre che vi si respirava. Questa piccola enclave del Regno di Napoli, fondata nel 1557 per volere di Filippo II e da allora sotto il dominio napoletano dapprima dei viceré spagnoli e poi, dopo la parentesi asburgica, dei Borbone, comprendeva il territorio del Monte Argentario e l’intera laguna di Orbetello con i comuni di Talamone e Santo Stefano e il territorio di Porto Longone sull’Isola d’Elba. La particolarità della tappa “presidiana” del Grand Tour risiede nella sua eccezionalità politica di enclave napoletana in territorio toscano. Vi sono esempi, infatti, in cui i passaporti per Napoli vengono richiesti al passaggio ad Orbetello e, soprattutto sul finire del Settecento, negati a coloro ritenuti pericoli o non graditi nel regno, spesso cittadini francesi. Ma cosa aveva questo territorio di “napoletano”? Come i viaggiatori vedono i porti e le fortezze dei Presìdi e come li rapportano, se lo fanno, a ciò che invece vedono nei territori campani del Regno di Napoli? L’intervento si propone, quindi, di riportare ciò che rappresentava lo Stato nei Presìdi nella rotta del Grand Tour, ma anche di analizzare se, in un immaginario confronto tra questa porta lontana e figurata del Regno di Napoli e i territori “effettivi” dello stesso Regno, si possa intravedere qualche forma di contatto.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/181175
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