Prendendo spunto da uno studio classico di Jules Brody, l’articolo prende in esame il destino della terminologia meccanicistica di marca cartesiana in alcuni frammenti di Pascal e La Bruyère. I due autori estrapolano dalla filosofia di Descartes delle immagini che, isolate dal loro contesto originario, si caricano di connotazioni nuove, anche grazie alla densità di scrittura che caratterizza lo style coupé dei moralisti. Parole come “automate”, “machine”, “ressorts”, “montre” non sono più usate in maniera neutra come in Descartes, ma con connotazioni affettive prevalentemente di segno negativo. L’uomo, almeno per alcuni aspetti, è “automate”, vi sono cioè dei meccanismi di natura fisiologica, psicologica o sociale che condizionano la sua volontà e limitano la sua libertà. Dall’essere una pura costatazione, questo concetto diventa un argomento per dimostrare la misère de l’homme demistificando la tesi rinascimentale della dignitas hominis, in cui è essenziale l’idea di libero arbitrio. L’obbedienza meccanica all’istinto, che è natura per l’animale, è invece “miseria” nell’uomo, sintomo della sua condizione di “re decaduto”. Descartes, pur riconoscendo le interazioni complesse tra corpo e anima, difendeva ottimisticamente la capacità dell’uomo di sottrarsi per mezzo della volontà ai condizionamenti meccanici del corpo. Per Pascal e La Bruyère, l’uomo è in molti casi prigioniero di una coazione a ripetere. Il paradigma cartesiano della macchina serve a fotografare un’immagine degradata dell’umanità, che può facilmente suscitare effetti di comicità per la ripetizione automatica di un medesimo comportamento. L’articolo mostra attraverso quali procedimenti retorici l’immaginario cartesiano viene filtrato nei due autori.

“Telle est la montre qui chemine”: automatismo e libero arbitrio nei moralisti francesi del Seicento

Federico Corradi
2018-01-01

Abstract

Prendendo spunto da uno studio classico di Jules Brody, l’articolo prende in esame il destino della terminologia meccanicistica di marca cartesiana in alcuni frammenti di Pascal e La Bruyère. I due autori estrapolano dalla filosofia di Descartes delle immagini che, isolate dal loro contesto originario, si caricano di connotazioni nuove, anche grazie alla densità di scrittura che caratterizza lo style coupé dei moralisti. Parole come “automate”, “machine”, “ressorts”, “montre” non sono più usate in maniera neutra come in Descartes, ma con connotazioni affettive prevalentemente di segno negativo. L’uomo, almeno per alcuni aspetti, è “automate”, vi sono cioè dei meccanismi di natura fisiologica, psicologica o sociale che condizionano la sua volontà e limitano la sua libertà. Dall’essere una pura costatazione, questo concetto diventa un argomento per dimostrare la misère de l’homme demistificando la tesi rinascimentale della dignitas hominis, in cui è essenziale l’idea di libero arbitrio. L’obbedienza meccanica all’istinto, che è natura per l’animale, è invece “miseria” nell’uomo, sintomo della sua condizione di “re decaduto”. Descartes, pur riconoscendo le interazioni complesse tra corpo e anima, difendeva ottimisticamente la capacità dell’uomo di sottrarsi per mezzo della volontà ai condizionamenti meccanici del corpo. Per Pascal e La Bruyère, l’uomo è in molti casi prigioniero di una coazione a ripetere. Il paradigma cartesiano della macchina serve a fotografare un’immagine degradata dell’umanità, che può facilmente suscitare effetti di comicità per la ripetizione automatica di un medesimo comportamento. L’articolo mostra attraverso quali procedimenti retorici l’immaginario cartesiano viene filtrato nei due autori.
2018
9788870886597
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/184419
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
social impact