Le province romane del nord-Africa hanno conservato la maggior parte delle iscrizioni tardoantiche dalla parte occidentale dell’impero (Roma esclusa, ovviamente). Questa ricca documentazione – come è noto - ha fornito la base per una ricostruzione della storia di queste regioni che ne ha messo in evidenza la particolare prosperità e ha sottolineato la permanenza di una vivace vita municipale. L’Africa ci appare l’area meno toccata da crisi (prima di tutte quella del terzo secolo) e si presenta come un’isola di tradizionalismo in cui le mutazioni tendono ad esser ammortizzate più che altrove da un tessuto socio-politico saldamente ancorato ai vecchi valori . La mia relazione , che concerne problematiche prettamente epigrafiche, si propone di contestualizzare tale documentazione in un ottica diacronica e di individuare gli elementi di continuità o di discontinuità tra alto e tardo impero, soprattutto in un’ottica quantitativa. Ci si concentra sull’epigrafia delle costruzioni e soprattutto sull’epigrafia onoraria, l’epigrafia collegata alla pratica di erigere statue. Statistiche valide per l’insieme delle province africane mostrano che alcuni costumi epigrafici sopravvissero piuttosto bene in età tarda: le iscrizioni relative a costruzioni o restauri (come già mostrato da Lepelley), ma anche le dediche agli imperatori. Entrambe erano ancora prodotte, in misura inferiore al passato ma ancora significativa, financo nei piccoli centri e non subirono una riduzione sostanziale prima degli ultimi anni del IV o i primi decenni del V secolo. Altri tipi di monumenti onorari invece tendono apparentemente a concentrarsi nei capoluoghi di provincia : è il caso delle statue erette in onore dei governatori o di altri rappresentanti del potere imperiale (vicari, prefetti, comandanti militari). L’aspetto più impressionante è costituito dal fine dell’epigrafia onoraria per i notabili municipali, i decurioni più importanti, gli honorati locali. La fine di questo particolare “statuary habit” precede di almeno un secolo quella delle statue per imperatori e funzionari. Esso può difficilmente spiegarsi con eventuali difficoltà finanziarie, o con un declino e una perdita di prestigio delle istituzioni civiche; e comunque certamente non pare potersi interpretare come il segno di un mutato atteggiamento nei confronti del monumento onorario in sé, come un semplice fatto di costume : giacché di statue, per altri soggetti, se ne erigono ancora. Partendo dalla constatazione dell’esistenza di diversi “statuary habits” si ipotizza , con prudenza, che tra le cause di questa sparizione vi sia la nuova posizione acquisita dai più importanti membri delle élite cittadine – da sempre i destinatari delle statue- all’interno della società cittadina , e la formalizzazione – in termini giuridici – del loro primato e della loro superiorità, che rendeva l’onore della statua un tributo superfluo. Nella seconda parte della relazione, è discusso il caso specifico di leptis Magna, capitale della nuova provincia di Tripolitania istituita intorno al 303 d.C. Leptis Magna è, di fatto, l’unica capitale provinciale del nord-Africa che abbia preservato una significativa documentazione epigrafica. Inoltre, Leptis è la città che ha conservato il maggior numero di testimonianze epigrafiche per il periodo corrispondente al “lungo quarto secolo” (ca. 280-425). Una breve illustrazione di alcune caratteristiche dell’epigrafia leptitana nel periodo tardoromano mostra che essa presenta insieme caratteri comparabili a quelle degli altri centri, e alcuni tratti distintivi: dalla creazione di gerarchie nella collocazione del statue onorarie, allo sviluppo di espedienti testuali e paratestuali appropriati ai nuovi sviluppi dello stile epigrafico tardo (come il “signum distaccato”). Particolarmente importante appare il fenomeno del reimpiego delle iscrizioni, una caratteristica di tanta produzione tardoantica, che a Leptis assume dimensioni del tutto eccezionali, nonostante l’ampia disponibilità di materiali. Due tipi di reimpiego sono presi in considerazione: quello in cui un supporto è riusato per accogliere una o più nuove iscrizioni, e quello in cui un supporto, nato per accogliere un testo, viene reimpiegato come materiale da costruzione (nei cantieri aperti tra la fine del III e la prima metà del IV) e perde la sua funzione originale. A tal fine ci si avvale di uno studio sistematico effettuato sui supporti scrittori di Leptis, che ha permesso di costruire una classificazione tipologica a una cronologia di tali supporti. Dal censimento delle iscrizioni perse attraverso i vari tipi reimpiego, emerge una situazione molto diversa da quella, appiattita, che ci fornisce la lettura di un corpus tradizionale. In particolare appare che, a partire dalla fine del III secolo per ogni nuova iscrizione incisa, in media se ne distruggevano due. Che il paesaggio di scritture del periodo tardo evolveva per selezione , non già per accumulo, come in altri luoghi o città . Una selezione severa, che obbediva a criteri e logiche solo in parte per noi intellegibili. Il caso di Leptis è certamente eccezionale, ma non si esclude che situazioni simili possano rilevarsi altrove, soprattutto nei centri più grandi che conobbero una intensa attività di riqualificazione urbanistica in epoca tarda. In ogni caso proprio per la sua eccezionalità Leptis – l’esistenza di una selezione delle scritture - fornisce un campo d’indagine privilegiato per comprender l’atteggiamento tardoantico verso il patrimonio ereditato di scritture esposte. Mostra che i confronti con l’altro impero basati su statistiche puramente numeriche, rischiano di restituirci un’immagine incompleta della facies epigrafica tardoantica. Il caso di Leptis, infine, ci spinge a ragionare non tanto in termini di accumuli, ma in quelli di paesaggi epigrafici, che contraddistinguono le varie epoche.
La trasformazione del paesaggio epigrafico nelle città dell’Africa romana, con particolare riferimento al caso di Leptis Magna (Tripolitania)
Tantillo Ignazio
2017-01-01
Abstract
Le province romane del nord-Africa hanno conservato la maggior parte delle iscrizioni tardoantiche dalla parte occidentale dell’impero (Roma esclusa, ovviamente). Questa ricca documentazione – come è noto - ha fornito la base per una ricostruzione della storia di queste regioni che ne ha messo in evidenza la particolare prosperità e ha sottolineato la permanenza di una vivace vita municipale. L’Africa ci appare l’area meno toccata da crisi (prima di tutte quella del terzo secolo) e si presenta come un’isola di tradizionalismo in cui le mutazioni tendono ad esser ammortizzate più che altrove da un tessuto socio-politico saldamente ancorato ai vecchi valori . La mia relazione , che concerne problematiche prettamente epigrafiche, si propone di contestualizzare tale documentazione in un ottica diacronica e di individuare gli elementi di continuità o di discontinuità tra alto e tardo impero, soprattutto in un’ottica quantitativa. Ci si concentra sull’epigrafia delle costruzioni e soprattutto sull’epigrafia onoraria, l’epigrafia collegata alla pratica di erigere statue. Statistiche valide per l’insieme delle province africane mostrano che alcuni costumi epigrafici sopravvissero piuttosto bene in età tarda: le iscrizioni relative a costruzioni o restauri (come già mostrato da Lepelley), ma anche le dediche agli imperatori. Entrambe erano ancora prodotte, in misura inferiore al passato ma ancora significativa, financo nei piccoli centri e non subirono una riduzione sostanziale prima degli ultimi anni del IV o i primi decenni del V secolo. Altri tipi di monumenti onorari invece tendono apparentemente a concentrarsi nei capoluoghi di provincia : è il caso delle statue erette in onore dei governatori o di altri rappresentanti del potere imperiale (vicari, prefetti, comandanti militari). L’aspetto più impressionante è costituito dal fine dell’epigrafia onoraria per i notabili municipali, i decurioni più importanti, gli honorati locali. La fine di questo particolare “statuary habit” precede di almeno un secolo quella delle statue per imperatori e funzionari. Esso può difficilmente spiegarsi con eventuali difficoltà finanziarie, o con un declino e una perdita di prestigio delle istituzioni civiche; e comunque certamente non pare potersi interpretare come il segno di un mutato atteggiamento nei confronti del monumento onorario in sé, come un semplice fatto di costume : giacché di statue, per altri soggetti, se ne erigono ancora. Partendo dalla constatazione dell’esistenza di diversi “statuary habits” si ipotizza , con prudenza, che tra le cause di questa sparizione vi sia la nuova posizione acquisita dai più importanti membri delle élite cittadine – da sempre i destinatari delle statue- all’interno della società cittadina , e la formalizzazione – in termini giuridici – del loro primato e della loro superiorità, che rendeva l’onore della statua un tributo superfluo. Nella seconda parte della relazione, è discusso il caso specifico di leptis Magna, capitale della nuova provincia di Tripolitania istituita intorno al 303 d.C. Leptis Magna è, di fatto, l’unica capitale provinciale del nord-Africa che abbia preservato una significativa documentazione epigrafica. Inoltre, Leptis è la città che ha conservato il maggior numero di testimonianze epigrafiche per il periodo corrispondente al “lungo quarto secolo” (ca. 280-425). Una breve illustrazione di alcune caratteristiche dell’epigrafia leptitana nel periodo tardoromano mostra che essa presenta insieme caratteri comparabili a quelle degli altri centri, e alcuni tratti distintivi: dalla creazione di gerarchie nella collocazione del statue onorarie, allo sviluppo di espedienti testuali e paratestuali appropriati ai nuovi sviluppi dello stile epigrafico tardo (come il “signum distaccato”). Particolarmente importante appare il fenomeno del reimpiego delle iscrizioni, una caratteristica di tanta produzione tardoantica, che a Leptis assume dimensioni del tutto eccezionali, nonostante l’ampia disponibilità di materiali. Due tipi di reimpiego sono presi in considerazione: quello in cui un supporto è riusato per accogliere una o più nuove iscrizioni, e quello in cui un supporto, nato per accogliere un testo, viene reimpiegato come materiale da costruzione (nei cantieri aperti tra la fine del III e la prima metà del IV) e perde la sua funzione originale. A tal fine ci si avvale di uno studio sistematico effettuato sui supporti scrittori di Leptis, che ha permesso di costruire una classificazione tipologica a una cronologia di tali supporti. Dal censimento delle iscrizioni perse attraverso i vari tipi reimpiego, emerge una situazione molto diversa da quella, appiattita, che ci fornisce la lettura di un corpus tradizionale. In particolare appare che, a partire dalla fine del III secolo per ogni nuova iscrizione incisa, in media se ne distruggevano due. Che il paesaggio di scritture del periodo tardo evolveva per selezione , non già per accumulo, come in altri luoghi o città . Una selezione severa, che obbediva a criteri e logiche solo in parte per noi intellegibili. Il caso di Leptis è certamente eccezionale, ma non si esclude che situazioni simili possano rilevarsi altrove, soprattutto nei centri più grandi che conobbero una intensa attività di riqualificazione urbanistica in epoca tarda. In ogni caso proprio per la sua eccezionalità Leptis – l’esistenza di una selezione delle scritture - fornisce un campo d’indagine privilegiato per comprender l’atteggiamento tardoantico verso il patrimonio ereditato di scritture esposte. Mostra che i confronti con l’altro impero basati su statistiche puramente numeriche, rischiano di restituirci un’immagine incompleta della facies epigrafica tardoantica. Il caso di Leptis, infine, ci spinge a ragionare non tanto in termini di accumuli, ma in quelli di paesaggi epigrafici, che contraddistinguono le varie epoche.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.