In questo articolo si ripercorrono le diverse letture iconografiche del fregio della caccia multipla che corona la facciata della Tomba II del Grande Tumulo di Vergina con un approccio critico che evidenzia la necessità di fare riferimento alla intentio dell’autore, alla coerenza testuale e al sistema di significazione di riferimento (Eco 1990), come già sottolineato da Bruno Tripodi. Chi scrive propone una lettura metaforica che contrappone la andragathia di Filippo II e di Alessandro – rappresentati nel fregio in un momento drammatico della caccia al leone che esalta la collaborazione tra padre e figlio – nonché la omonoia degli hetairoi e dei basilikoi paides, alla hybris dei Persiani di cui la lekythos ateniese di Xenophantos appare il manifesto iconografico. Su di essa si svolge un fregio a rilievo e dipinto con una caccia reale persiana, con la partecipazione del re Dario tra i personaggi nominati; attraverso la metafora venatoria i Persiani si cimentano in una stolta e fallimentare predazione della eschata fino ai confini del mondo, come ben evidenziato da Halle M. Franks. Nel fregio di Vergina l’uso della metafora è rivolto invece alla proclamazione dei domini a buon diritto conquistati – in particolare la regione della Tracia, come ha dimostrato Despina Ignatiadou – e della pericolosità dell’avversario achemenide, che Filippo II ha già contrastato e che Alessandro si prepara a sconfiggere. Attraverso la molteplicità dei paesaggi e delle prede, la simbologia dell’albero sacralizzato, rigoglioso tra tronchi disseccati (per il quale si rinvia al contesto della Meter Theon di Pella), nonchè del vicino pilastro sormontato da oggetti che non sono identificabili, vengono evocate non solo le vittorie militari di Filippo II, attraverso le quali il sovrano ha stabilito la grandezza del suo regno, ma anche la dimensione sacrale della regalità macedone e le sue radici nella cultura ellenica.

La metafora della caccia nel fregio della Tomba II del Grande Tumulo di Vergina: dalla hybris dei Persiani alla andragathia dei re macedoni

Anna Maria D'Onofrio
2018-01-01

Abstract

In questo articolo si ripercorrono le diverse letture iconografiche del fregio della caccia multipla che corona la facciata della Tomba II del Grande Tumulo di Vergina con un approccio critico che evidenzia la necessità di fare riferimento alla intentio dell’autore, alla coerenza testuale e al sistema di significazione di riferimento (Eco 1990), come già sottolineato da Bruno Tripodi. Chi scrive propone una lettura metaforica che contrappone la andragathia di Filippo II e di Alessandro – rappresentati nel fregio in un momento drammatico della caccia al leone che esalta la collaborazione tra padre e figlio – nonché la omonoia degli hetairoi e dei basilikoi paides, alla hybris dei Persiani di cui la lekythos ateniese di Xenophantos appare il manifesto iconografico. Su di essa si svolge un fregio a rilievo e dipinto con una caccia reale persiana, con la partecipazione del re Dario tra i personaggi nominati; attraverso la metafora venatoria i Persiani si cimentano in una stolta e fallimentare predazione della eschata fino ai confini del mondo, come ben evidenziato da Halle M. Franks. Nel fregio di Vergina l’uso della metafora è rivolto invece alla proclamazione dei domini a buon diritto conquistati – in particolare la regione della Tracia, come ha dimostrato Despina Ignatiadou – e della pericolosità dell’avversario achemenide, che Filippo II ha già contrastato e che Alessandro si prepara a sconfiggere. Attraverso la molteplicità dei paesaggi e delle prede, la simbologia dell’albero sacralizzato, rigoglioso tra tronchi disseccati (per il quale si rinvia al contesto della Meter Theon di Pella), nonchè del vicino pilastro sormontato da oggetti che non sono identificabili, vengono evocate non solo le vittorie militari di Filippo II, attraverso le quali il sovrano ha stabilito la grandezza del suo regno, ma anche la dimensione sacrale della regalità macedone e le sue radici nella cultura ellenica.
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