Le “scoperte” risultanti da ogni ricerca sul terreno sono, come suggerisce Fabietti (2012), sempre decentrate rispetto alle domande che avevano motivato quella ricerca. Decentrate sia in termini referenziali: ciò di cui alla fine di parla o si scrive; sia in termini riflessivi, metodologico – procedurali: comportano in sé modi alternativi e talvolta assai divergenti di procedere verso le “scoperte” stesse. In questo lavoro ripercorro i primi anni delle mie ricerche fra gli ikoots / huave di San Mateo del Mar (Oaxaca, Messico), a partire dal 1979; anni di intense frequentazioni di nuclei domestici che plasmarono il mio ascolto e le mie prospettive, portandomi a cercare alternative a molta della strumentazione teorica e metodologica sulla parentela con la quale ero partita e ad aprirmi all'antropologia semantica prima e all'antropologia linguistica poi. Seguendo il flusso del vissuto andavo scoprendo che mi stavo misurandomi con una società centrata sul “fare” e non sull‘"essere” e non solo perchè il verbo "essere" non esiste. Le rappresentazioni dei ruoli di donne e uomini si articolano non in termini ontologici, ma piuttosto nel senso della “prassi”, un “fare” (-rang) secondo genere, ruoli e posizioni. In questo contesto la dimensione della “volontà” emergeva frequentemente nei loro discorsi quotidiani (‘no quiere’, ngo mandiüm), a totale discapito di altri concetti (espressi per noi dai nostri verbi modali: ‘potere’ e ‘dovere’), quasi inesistenti. Il carico di agentività di ciascuna persona appariva inaspettatamente radicale nei confronti del ruolo parentale, consendo loro ad esempio, l'“interruzione” volontaria di un legame consanguineo. Le rappresentazioni discorsive dell’agire sociale ponevano al centro soggetti, come donne, vecchi e bambini, non sempre contemplati dalle ricerche dell'epoca, dando dimensioni del "fare" parentale del tutto inaspettate. Ciò si inquadrava pienamente in una rappresentazione anti-ontologica delle relazioni sociali, fondata piuttosto sulla centralità della “prassi” e della “volontà” assente dalla ricerca antropologica mesoamericanista (e non solo) di quegli anni.
Erranze teoriche, scoperte e scambi tra metodi e voci dal terreno
Flavia G. Cuturi
2019-01-01
Abstract
Le “scoperte” risultanti da ogni ricerca sul terreno sono, come suggerisce Fabietti (2012), sempre decentrate rispetto alle domande che avevano motivato quella ricerca. Decentrate sia in termini referenziali: ciò di cui alla fine di parla o si scrive; sia in termini riflessivi, metodologico – procedurali: comportano in sé modi alternativi e talvolta assai divergenti di procedere verso le “scoperte” stesse. In questo lavoro ripercorro i primi anni delle mie ricerche fra gli ikoots / huave di San Mateo del Mar (Oaxaca, Messico), a partire dal 1979; anni di intense frequentazioni di nuclei domestici che plasmarono il mio ascolto e le mie prospettive, portandomi a cercare alternative a molta della strumentazione teorica e metodologica sulla parentela con la quale ero partita e ad aprirmi all'antropologia semantica prima e all'antropologia linguistica poi. Seguendo il flusso del vissuto andavo scoprendo che mi stavo misurandomi con una società centrata sul “fare” e non sull‘"essere” e non solo perchè il verbo "essere" non esiste. Le rappresentazioni dei ruoli di donne e uomini si articolano non in termini ontologici, ma piuttosto nel senso della “prassi”, un “fare” (-rang) secondo genere, ruoli e posizioni. In questo contesto la dimensione della “volontà” emergeva frequentemente nei loro discorsi quotidiani (‘no quiere’, ngo mandiüm), a totale discapito di altri concetti (espressi per noi dai nostri verbi modali: ‘potere’ e ‘dovere’), quasi inesistenti. Il carico di agentività di ciascuna persona appariva inaspettatamente radicale nei confronti del ruolo parentale, consendo loro ad esempio, l'“interruzione” volontaria di un legame consanguineo. Le rappresentazioni discorsive dell’agire sociale ponevano al centro soggetti, come donne, vecchi e bambini, non sempre contemplati dalle ricerche dell'epoca, dando dimensioni del "fare" parentale del tutto inaspettate. Ciò si inquadrava pienamente in una rappresentazione anti-ontologica delle relazioni sociali, fondata piuttosto sulla centralità della “prassi” e della “volontà” assente dalla ricerca antropologica mesoamericanista (e non solo) di quegli anni.File | Dimensione | Formato | |
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