Il libro ricostruisce l’attività a Napoli di due fra i più importanti scultori spagnoli del Cinquecento, Bartolomé Ordóñez e Diego de Silóe. Originari di Burgos, in Castiglia, lavorarono nella città partenopea solo per pochi anni, all’incirca dal 1513 al 1518; ma bastarono a fare di Napoli una delle grandi capitali europee della scultura marmorea. Cresciuti artisticamente tra Firenze e Roma, a contatto con le opere di Donatello, Michelangelo, Andrea Sansovino e Raffaello, Ordóñez e de Silóe misero a punto, ognuno con la propria personale inclinazione poetica, uno stile eccentrico ed espressivo, in cui i modelli del Rinascimento italiano si mescolano alle riprese dall’Antico, con una vena di naturalismo che rimanda alle loro radici iberiche. A Napoli, i «doi spagnuoli» trovarono un contesto sociale e culturale particolarmente favorevole alla realizzazione di cappelle funerarie, pale d’altare, sepolcri. I grandi aristocratici consideravano il marmo di Carrara, durevole nel tempo ed evocativo del passato classico, il materiale più adatto per tramandare ai posteri la propria gloria; la «magnificenza», la capacità di eseguire queste grandi e dispendiose opere di marmo, divenne così un carattere distintivo della vera nobiltà. Grazie alla loro aggiornata cultura figurativa, alla capacità di padroneggiare le diverse tecniche – dal tutto tondo al bassorilievo –, e, non da ultimo, grazie alla loro abilità ad organizzare il lavoro, da soli o in società fra di loro, Ordóñez e de Silóe riuscirono rapidamente a guadagnarsi la fiducia del mercato, ancora dominato, tra Quattro e Cinquecento, da artisti di origine toscana o lombarda. Il loro soggiorno nella capitale meridionale fu decisivo per orientare il gusto artistico verso lo stile dell’alto Rinascimento, ponendo le basi di una «scuola» napoletana che ebbe in Girolamo Santacroce e Giovanni da Nola i suoi principali protagonisti.

Bartolomé Ordóñez e Diego de Siloe. Due scultori spagnoli a Napoli agli inizi del Cinquecento

Naldi, Riccardo
2019-01-01

Abstract

Il libro ricostruisce l’attività a Napoli di due fra i più importanti scultori spagnoli del Cinquecento, Bartolomé Ordóñez e Diego de Silóe. Originari di Burgos, in Castiglia, lavorarono nella città partenopea solo per pochi anni, all’incirca dal 1513 al 1518; ma bastarono a fare di Napoli una delle grandi capitali europee della scultura marmorea. Cresciuti artisticamente tra Firenze e Roma, a contatto con le opere di Donatello, Michelangelo, Andrea Sansovino e Raffaello, Ordóñez e de Silóe misero a punto, ognuno con la propria personale inclinazione poetica, uno stile eccentrico ed espressivo, in cui i modelli del Rinascimento italiano si mescolano alle riprese dall’Antico, con una vena di naturalismo che rimanda alle loro radici iberiche. A Napoli, i «doi spagnuoli» trovarono un contesto sociale e culturale particolarmente favorevole alla realizzazione di cappelle funerarie, pale d’altare, sepolcri. I grandi aristocratici consideravano il marmo di Carrara, durevole nel tempo ed evocativo del passato classico, il materiale più adatto per tramandare ai posteri la propria gloria; la «magnificenza», la capacità di eseguire queste grandi e dispendiose opere di marmo, divenne così un carattere distintivo della vera nobiltà. Grazie alla loro aggiornata cultura figurativa, alla capacità di padroneggiare le diverse tecniche – dal tutto tondo al bassorilievo –, e, non da ultimo, grazie alla loro abilità ad organizzare il lavoro, da soli o in società fra di loro, Ordóñez e de Silóe riuscirono rapidamente a guadagnarsi la fiducia del mercato, ancora dominato, tra Quattro e Cinquecento, da artisti di origine toscana o lombarda. Il loro soggiorno nella capitale meridionale fu decisivo per orientare il gusto artistico verso lo stile dell’alto Rinascimento, ponendo le basi di una «scuola» napoletana che ebbe in Girolamo Santacroce e Giovanni da Nola i suoi principali protagonisti.
2019
978-88-569-0572-4
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