Il presente studio analizza la figura del medico napoletano Antonio Sementini (1742-1814) e il suo contributo agli esordi della terminologia psichiatrica italiana attraverso l’analisi della sua opera "Breve delucidazione della natura e varietà della pazzia" (1766). Questo testo, poco noto alla storia ufficiale della psichiatria, rappresenta un’interessante testimonianza della riflessione medico-scientifica del XVIII secolo sulla natura delle malattie mentali. Sementini si distingue per l’introduzione del concetto di "fluido nervoso", che egli ipotizza come elemento invisibile ma fondamentale per comprendere il funzionamento delle passioni umane e la loro alterazione in stati patologici. La pazzia, secondo l’autore, deriverebbe dall’interruzione o dallo squilibrio di tale fluido nei ventricoli cerebrali, proponendo quindi un modello eziologico che anticipa alcune concezioni fisiopatologiche moderne. L’opera si inserisce nel contesto della medicina napoletana del Settecento, caratterizzata dall’influenza di figure di spicco come Domenico Cotugno (anatomista e maestro di Sementini) e si sviluppa all’interno della Pazzeria dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli, il primo reparto specializzato per malati mentali nel Meridione. Il termine "pazzeria", sebbene oggi desueto, è documentato per la prima volta in ambito ospedaliero a Firenze nel 1688 e riflette una concezione della follia ancora legata alla reclusione più che alla cura. Dal punto di vista linguistico, il testo di Sementini rappresenta un caso di studio significativo nella storia della lingua scientifica italiana. L’autore utilizza un lessico influenzato dalla terminologia filosofica e medica, con numerosi riferimenti alla tradizione galenica e alla filosofia cartesiana. Il concetto di "fantasia", per esempio, è impiegato come sinonimo di cervello, riprendendo la tradizione aristotelica e muratoriana, mentre il corpo umano è descritto con la metafora della "macchina", in linea con il meccanicismo dell’epoca. Inoltre, la sintassi dell’opera riflette modelli letterari con un’abbondanza di strutture ipotattiche, l’uso di superlativi in "-issimo" e costrutti di stile elevato, come la sequenza "il di cui libro". Infine, lo studio evidenzia il modo in cui Sementini classifica i disturbi mentali, distinguendo i pazienti tra "malinconici" e "maniaci". Il termine generico di "pazzo" infatti, pur usato nell’opera, è considerato troppo generico e inadatto a descrivere le varie forme di alterazione mentale. Ciò anticipa una riflessione terminologica che porterà, nei decenni successivi, alla graduale sostituzione di termini stigmatizzanti con una nomenclatura più specifica e neutrale, come dimostrato dalle "Instruzioni per la novella Real Casa dei Matti di Palermo" (1827), in cui viene formalmente vietato l’uso di termini come "pazzo", "folle" e "matto" per indicare i pazienti. L’indagine filologica e lessicale del testo, inoltre, contribuisce a confermare una volta di più il ruolo della medicina napoletana del XVIII secolo nel dibattito scientifico europeo e arricchisce la conoscenza delle origini del linguaggio psichiatrico italiano.

Agli albori della lingua della psichiatria: Antonio Sementini (1742-1814) e la pazzeria degli incurabili a Napoli

Rosa Piro
2020-01-01

Abstract

Il presente studio analizza la figura del medico napoletano Antonio Sementini (1742-1814) e il suo contributo agli esordi della terminologia psichiatrica italiana attraverso l’analisi della sua opera "Breve delucidazione della natura e varietà della pazzia" (1766). Questo testo, poco noto alla storia ufficiale della psichiatria, rappresenta un’interessante testimonianza della riflessione medico-scientifica del XVIII secolo sulla natura delle malattie mentali. Sementini si distingue per l’introduzione del concetto di "fluido nervoso", che egli ipotizza come elemento invisibile ma fondamentale per comprendere il funzionamento delle passioni umane e la loro alterazione in stati patologici. La pazzia, secondo l’autore, deriverebbe dall’interruzione o dallo squilibrio di tale fluido nei ventricoli cerebrali, proponendo quindi un modello eziologico che anticipa alcune concezioni fisiopatologiche moderne. L’opera si inserisce nel contesto della medicina napoletana del Settecento, caratterizzata dall’influenza di figure di spicco come Domenico Cotugno (anatomista e maestro di Sementini) e si sviluppa all’interno della Pazzeria dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli, il primo reparto specializzato per malati mentali nel Meridione. Il termine "pazzeria", sebbene oggi desueto, è documentato per la prima volta in ambito ospedaliero a Firenze nel 1688 e riflette una concezione della follia ancora legata alla reclusione più che alla cura. Dal punto di vista linguistico, il testo di Sementini rappresenta un caso di studio significativo nella storia della lingua scientifica italiana. L’autore utilizza un lessico influenzato dalla terminologia filosofica e medica, con numerosi riferimenti alla tradizione galenica e alla filosofia cartesiana. Il concetto di "fantasia", per esempio, è impiegato come sinonimo di cervello, riprendendo la tradizione aristotelica e muratoriana, mentre il corpo umano è descritto con la metafora della "macchina", in linea con il meccanicismo dell’epoca. Inoltre, la sintassi dell’opera riflette modelli letterari con un’abbondanza di strutture ipotattiche, l’uso di superlativi in "-issimo" e costrutti di stile elevato, come la sequenza "il di cui libro". Infine, lo studio evidenzia il modo in cui Sementini classifica i disturbi mentali, distinguendo i pazienti tra "malinconici" e "maniaci". Il termine generico di "pazzo" infatti, pur usato nell’opera, è considerato troppo generico e inadatto a descrivere le varie forme di alterazione mentale. Ciò anticipa una riflessione terminologica che porterà, nei decenni successivi, alla graduale sostituzione di termini stigmatizzanti con una nomenclatura più specifica e neutrale, come dimostrato dalle "Instruzioni per la novella Real Casa dei Matti di Palermo" (1827), in cui viene formalmente vietato l’uso di termini come "pazzo", "folle" e "matto" per indicare i pazienti. L’indagine filologica e lessicale del testo, inoltre, contribuisce a confermare una volta di più il ruolo della medicina napoletana del XVIII secolo nel dibattito scientifico europeo e arricchisce la conoscenza delle origini del linguaggio psichiatrico italiano.
2020
978-88-7667-817-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/192312
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