Il linguaggio che per la maggiore rappresenta la cultura della danza in Italia, con i suoi celebri librettisti e coreografi, i custodi della sua memoria, è il balletto classico. A questa tradizione accademica è strettamente connessa la rappresentazione estetica del corpo femminile, e del suo dover essere, etereo, senza ‘peso’. Questo intervento vuole interrogare, attraverso una metodologia ‘matri-archivistica’, la memoria dei ruoli che hanno ‘coreografato’, e quindi costruito, la rappresentazione del femminile entro e oltre la scena del teatro-danza italiano; l’intento è quello di discutere le sperimentazioni coreografiche in cui è, invece, la donna che danza e fa danzare se stessa attraverso la propria scrittura corporea – qui proposta come corpo-grafia. Consultano e selezionando le pratiche di arte e di vita di donne e pioniere della Storia della danza, occidentale, rintraccio la “ripetizione” e la “distruzione” – dinamiche insite in ogni atto d’archiviazione (Derrida, 1996) – di una particolare forza e qualità di movimento: la ‘gravità’, qui intesa, concettualmente e metaforicamente, come ‘peso’ del corpo e, insieme, del ‘pensiero’ coreografico femminile che lo sostiene. Su tale traccia di ricerca si ripercorrono, con una metodologia di richiami e frammenti di danza, teatro-danza e video-danza, le storie corporali di donne-arconti che ri-scrivono la memoria rappresentativa del corpo leggiadro trasmesso dalla tradizione del balletto classico, donne che incorporano, danzano e pensano la propria protesta politica e poetica, fino a ospitare sul, e con, la propria corporalità l’esperienza della migrazione contemporanea.

Corpo-grafie di donna: un matri-archivio del corpo danzante, pensante, migrante

Annalisa Piccirillo
2019-01-01

Abstract

Il linguaggio che per la maggiore rappresenta la cultura della danza in Italia, con i suoi celebri librettisti e coreografi, i custodi della sua memoria, è il balletto classico. A questa tradizione accademica è strettamente connessa la rappresentazione estetica del corpo femminile, e del suo dover essere, etereo, senza ‘peso’. Questo intervento vuole interrogare, attraverso una metodologia ‘matri-archivistica’, la memoria dei ruoli che hanno ‘coreografato’, e quindi costruito, la rappresentazione del femminile entro e oltre la scena del teatro-danza italiano; l’intento è quello di discutere le sperimentazioni coreografiche in cui è, invece, la donna che danza e fa danzare se stessa attraverso la propria scrittura corporea – qui proposta come corpo-grafia. Consultano e selezionando le pratiche di arte e di vita di donne e pioniere della Storia della danza, occidentale, rintraccio la “ripetizione” e la “distruzione” – dinamiche insite in ogni atto d’archiviazione (Derrida, 1996) – di una particolare forza e qualità di movimento: la ‘gravità’, qui intesa, concettualmente e metaforicamente, come ‘peso’ del corpo e, insieme, del ‘pensiero’ coreografico femminile che lo sostiene. Su tale traccia di ricerca si ripercorrono, con una metodologia di richiami e frammenti di danza, teatro-danza e video-danza, le storie corporali di donne-arconti che ri-scrivono la memoria rappresentativa del corpo leggiadro trasmesso dalla tradizione del balletto classico, donne che incorporano, danzano e pensano la propria protesta politica e poetica, fino a ospitare sul, e con, la propria corporalità l’esperienza della migrazione contemporanea.
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