Al momento della loro fondazione nel 1557, i Reali Presìdi di Toscana mutarono radicalmente la situazione del litorale toscano e italiano. Al termine della guerra di Siena, Filippo II riservò per sé e per l’impero spagnolo i porti della toscana meridionale (Orbetello, Talamone, Porto Ercole, Porto Santo Stefano, cui in seguito si aggiunse Porto Longone sull’isola d’Elba), creando una nuova entità territoriale che denominò Reales Presìdios de Toscana. La situazione, con alti e bassi, restò invariata per quasi due secoli, fino a quando, ai principi del XVIII secolo con le due guerre di successione (prima spagnola, poi polacca), lo Stato dei Presìdi venne travolto e stravolto dai tumulti europei e mediterranei: dapprima passò in mano austriaca, insieme al viceregno di Napoli; poi, nel 1734, venne posto sotto l’egida del neonato e indipendente Regno di Napoli, retto da un membro della casata Borbone di Spagna, Carlo. È proprio il periodo napoletano, che va dal 1734 al 1801, quello che interessa maggiormente in questa sede: con il regno di Napoli e le modifiche degli equilibri europei, vengono a mutare anche le dinamiche legate allo Stato dei Presìdi nella penisola italiana: i rapporti con gli stati confinanti (Granducato di Toscana, Stato Pontificio e Principato di Piombino) sono altalenanti e tendono a complicarsi su determinati affari, quali il rifornimento di materie prime, le questioni ecclesiastiche o problemi di sovranità e trasferimento di informazioni. Vi era un gioco di diplomazie sovrapposte, che si innestava a più livelli nello Stato dei Presìdi. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo c’è infatti una sovrapposizione di diplomazia formale e informale che continua anche dopo la sparizione dei Presìdi a seguito della pace di Firenze del 1801: ancora nel 1802 e 1803 lo Stato dei Presìdi compare nelle leggi del Regno d’Etruria che ne decretano il definitivo inglobamento nel suo territorio.

Diplomazie sovrapposte: il caso dei Reali Presìdi di Toscana nel Settecento

Antonio D'Onofrio
2019-01-01

Abstract

Al momento della loro fondazione nel 1557, i Reali Presìdi di Toscana mutarono radicalmente la situazione del litorale toscano e italiano. Al termine della guerra di Siena, Filippo II riservò per sé e per l’impero spagnolo i porti della toscana meridionale (Orbetello, Talamone, Porto Ercole, Porto Santo Stefano, cui in seguito si aggiunse Porto Longone sull’isola d’Elba), creando una nuova entità territoriale che denominò Reales Presìdios de Toscana. La situazione, con alti e bassi, restò invariata per quasi due secoli, fino a quando, ai principi del XVIII secolo con le due guerre di successione (prima spagnola, poi polacca), lo Stato dei Presìdi venne travolto e stravolto dai tumulti europei e mediterranei: dapprima passò in mano austriaca, insieme al viceregno di Napoli; poi, nel 1734, venne posto sotto l’egida del neonato e indipendente Regno di Napoli, retto da un membro della casata Borbone di Spagna, Carlo. È proprio il periodo napoletano, che va dal 1734 al 1801, quello che interessa maggiormente in questa sede: con il regno di Napoli e le modifiche degli equilibri europei, vengono a mutare anche le dinamiche legate allo Stato dei Presìdi nella penisola italiana: i rapporti con gli stati confinanti (Granducato di Toscana, Stato Pontificio e Principato di Piombino) sono altalenanti e tendono a complicarsi su determinati affari, quali il rifornimento di materie prime, le questioni ecclesiastiche o problemi di sovranità e trasferimento di informazioni. Vi era un gioco di diplomazie sovrapposte, che si innestava a più livelli nello Stato dei Presìdi. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo c’è infatti una sovrapposizione di diplomazia formale e informale che continua anche dopo la sparizione dei Presìdi a seguito della pace di Firenze del 1801: ancora nel 1802 e 1803 lo Stato dei Presìdi compare nelle leggi del Regno d’Etruria che ne decretano il definitivo inglobamento nel suo territorio.
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