L’idea di realizzare un testo di casi aziendali sull’economia circolare nasce dalla raccolta di esperienze di imprese, sul modello a ‘ciclo chiuso’, svolta dagli studenti dell’insegnamento di Strategie Aziendali di Sviluppo Sostenibile (A.A 2019/2020) dell’Università di Napoli L’Orientale. Il project work, svolto in aula, ha riguardato le imprese che si basano sui principi del riutilizzo di prodotti, della riduzione dei rifiuti e delle emissioni nocive; start-up innovative che realizzano innovazioni radicali, con la creazione di un dominio tecnologico completamente nuovo e di prodotti che rappresentano una novità assoluta. Si tratta di esperienze aziendali che attraverso la riprogettazione di sistemi produttivi o la realizzazione di innovazioni radicali (di processo e di prodotto) fanno proprio l’obiettivo di ottenere il disaccoppiamento della crescita economica dall’esaurimento delle risorse naturali, per garantire un equilibrio tanto ambientale quanto sociale ed economico. La raccolta di casi aziendali, che sul territorio nazionale stanno sperimentando pratiche di economia circolare, non deve considerarsi esaustiva del panorama italiano, ma semplicemente uno ‘spaccato’ di quello che in Italia si sta sperimentando, ma anche di più, di imprese che sono giunte alla commercializzazione di prodotti che inglobano i principi dell’economia circolare. La metodologia dell’analisi empirica si avvale di dati secondari, in particolare tratti dalla consultazione dei siti web aziendali e dei documenti disponibili su fonti pubbliche e, solo in alcuni casi, si è giovata di dati primari, raccolti mediante la realizzazione di interviste con i referenti delle aziende. Le imprese di seguito analizzate, presentate in ordine alfabetico, afferiscono a diversi comparti industriali; hanno sperimentato prevalentemente modelli di economia circolare cosiddetti di resource recovery (recupero delle risorse), in quanto riguardano il recupero di scarti provenienti da processi di altre aziende al fine di valorizzare i rifiuti e creare nuove risorse, materie prime seconde o prodotti finiti; meno presenti le esperienze di recupero di scarti direttamente dal processo produttivo aziendale. Le imprese analizzate sono:  Aureli, azienda agroindustriale che riutilizza gli scarti della filiera di lavorazione;  Biofaber, lavorazione di cellulosa batterica per realizzare ‘pelle verde’ e idrogel;  Biova Project, trasformazione di pane invenduto, cotto a legna, in birra artigianale;  Frumat, lavorazione degli scarti industriali delle mele per ricavare prodotti ecocompatibili;  Lavandula, lavorazione degli scarti agroalimentari, in particolare il carciofo, per realizzare prodotti cosmetici;  Oltrecafé, raccolta di fondi di caffè per realizzare pellet per stufe e caldaie;  Orange Fiber, lavorazione degli scarti di agrumi per realizzare tessuti biodegradabili;  Packtin, recupero degli scarti agroalimentari per realizzare conservanti naturali e biopackaging;  RiceHouse, utilizzo degli scarti della lavorazione del riso per la costruzione di edifici ad elevata efficienza energetica;  Save the Waste, lavorazione degli scarti del fagiolo per la realizzazione di packaging ecosostenibile;  The Circle, azienda agricola con impianto acquaponico;  Vegea, recupero degli scarti della produzione del vino per ricavarne filati vegetali ecosostenibili utilizzabili nei settori fashion e design. L’analisi dei casi aziendali è preceduta da una breve disamina sul concetto di economia circolare e sui modelli di ‘reduce, reuse, recycle’ che tendono alla ‘chiusura del cerchio’, in contrapposizione ai modelli di produzione lineare. La lettura trasversale dei casi consente, inoltre, di individuare i caratteri distintivi delle esperienze realizzate dalle aziende che, si crede, offre maggiori conoscenze sul come ‘funziona’ l’economia circolare, al fine anche di suggerire alcuni interventi di policy a supporto del radicale cambiamento del paradigma sui modelli produttivi.

L’economia circolare: l’innovazione per la ‘chiusura del cerchio’. Casi aziendali

De Chiara Alessandra
2020-01-01

Abstract

L’idea di realizzare un testo di casi aziendali sull’economia circolare nasce dalla raccolta di esperienze di imprese, sul modello a ‘ciclo chiuso’, svolta dagli studenti dell’insegnamento di Strategie Aziendali di Sviluppo Sostenibile (A.A 2019/2020) dell’Università di Napoli L’Orientale. Il project work, svolto in aula, ha riguardato le imprese che si basano sui principi del riutilizzo di prodotti, della riduzione dei rifiuti e delle emissioni nocive; start-up innovative che realizzano innovazioni radicali, con la creazione di un dominio tecnologico completamente nuovo e di prodotti che rappresentano una novità assoluta. Si tratta di esperienze aziendali che attraverso la riprogettazione di sistemi produttivi o la realizzazione di innovazioni radicali (di processo e di prodotto) fanno proprio l’obiettivo di ottenere il disaccoppiamento della crescita economica dall’esaurimento delle risorse naturali, per garantire un equilibrio tanto ambientale quanto sociale ed economico. La raccolta di casi aziendali, che sul territorio nazionale stanno sperimentando pratiche di economia circolare, non deve considerarsi esaustiva del panorama italiano, ma semplicemente uno ‘spaccato’ di quello che in Italia si sta sperimentando, ma anche di più, di imprese che sono giunte alla commercializzazione di prodotti che inglobano i principi dell’economia circolare. La metodologia dell’analisi empirica si avvale di dati secondari, in particolare tratti dalla consultazione dei siti web aziendali e dei documenti disponibili su fonti pubbliche e, solo in alcuni casi, si è giovata di dati primari, raccolti mediante la realizzazione di interviste con i referenti delle aziende. Le imprese di seguito analizzate, presentate in ordine alfabetico, afferiscono a diversi comparti industriali; hanno sperimentato prevalentemente modelli di economia circolare cosiddetti di resource recovery (recupero delle risorse), in quanto riguardano il recupero di scarti provenienti da processi di altre aziende al fine di valorizzare i rifiuti e creare nuove risorse, materie prime seconde o prodotti finiti; meno presenti le esperienze di recupero di scarti direttamente dal processo produttivo aziendale. Le imprese analizzate sono:  Aureli, azienda agroindustriale che riutilizza gli scarti della filiera di lavorazione;  Biofaber, lavorazione di cellulosa batterica per realizzare ‘pelle verde’ e idrogel;  Biova Project, trasformazione di pane invenduto, cotto a legna, in birra artigianale;  Frumat, lavorazione degli scarti industriali delle mele per ricavare prodotti ecocompatibili;  Lavandula, lavorazione degli scarti agroalimentari, in particolare il carciofo, per realizzare prodotti cosmetici;  Oltrecafé, raccolta di fondi di caffè per realizzare pellet per stufe e caldaie;  Orange Fiber, lavorazione degli scarti di agrumi per realizzare tessuti biodegradabili;  Packtin, recupero degli scarti agroalimentari per realizzare conservanti naturali e biopackaging;  RiceHouse, utilizzo degli scarti della lavorazione del riso per la costruzione di edifici ad elevata efficienza energetica;  Save the Waste, lavorazione degli scarti del fagiolo per la realizzazione di packaging ecosostenibile;  The Circle, azienda agricola con impianto acquaponico;  Vegea, recupero degli scarti della produzione del vino per ricavarne filati vegetali ecosostenibili utilizzabili nei settori fashion e design. L’analisi dei casi aziendali è preceduta da una breve disamina sul concetto di economia circolare e sui modelli di ‘reduce, reuse, recycle’ che tendono alla ‘chiusura del cerchio’, in contrapposizione ai modelli di produzione lineare. La lettura trasversale dei casi consente, inoltre, di individuare i caratteri distintivi delle esperienze realizzate dalle aziende che, si crede, offre maggiori conoscenze sul come ‘funziona’ l’economia circolare, al fine anche di suggerire alcuni interventi di policy a supporto del radicale cambiamento del paradigma sui modelli produttivi.
2020
978-88-6719-196-3
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/194265
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