Il volume si propone di difendere la tesi seguente: una delle forze che determinano l’organizzazione dei paradigmi flessivi è una tendenza a far sì che i valori di frequenza di occorrenza degli esponenti morfologici appartenenti a un medesimo paradigma non differiscano eccessivamente gli uni dagli altri, ossia una tendenza a mantenere la distribuzione di probabilità degli esponenti il più possibile vicina alla condizione di uniformità. A questa tendenza possono essere ricondotti due fenomeni apparentemente irrelati tra loro. Il primo è costituito dalla ricorrenza interlinguistica di schemi di sincretismo interpretabili alla luce del “principio di compensazione” brøndaliano, che connette la neutralizzazione di una distinzione categoriale con la presenza di un valore marcato di una categoria sovraordinata (si pensi alla massiccia presenza di sincretismo di caso nel duale dei nominali antico-indiani). Nel sincretismo “compensativo” le celle del paradigma che condividono il medesimo esponente sono caratterizzate da bassi valori di frequenza di occorrenza. Il secondo fenomeno è l’esponenza “semiseparata”, che si verifica quando, all’interno di un paradigma generalmente caratterizzato da esponenza cumulativa (cioé da morfi non analizzabili associati a specifiche combinazioni di valori di categorie grammaticali), un determinato sottoinsieme di celle mostra marche morfologiche analizzabili come combinazioni di esponenti, ciascuno dei quali risulta essere insensibile o solo parzialmente sensibile ai valori di qualcuna tra le categorie in gioco (così accade, ad esempio, in greco antico nelle desinenze verbali duali di tipo –t-on, -t-ēn, -sth-on, -sth-ēn). Anche l’esponenza semiseparata tende a ricorrere nelle celle con bassa frequenza di occorrenza. Entrambi i fenomeni descritti consentono al sistema di evitare esponenti morfologici associati in modo biunivoco a celle particolarmente rare (ossia a combinazioni particolarmente infrequenti di valori di categorie morfosintattiche). Il primo capitolo tratta di due questioni preliminari: lo statuto teorico delle unità morfologiche chiamate esponenti e l’inadeguatezza dell’interpretazione del sincretismo compensativo in termini di marcatezza sul versante del contenuto. Nel secondo capitolo si propongono, in via provvisoria, alcune possibili misure quantitative dell’equilibrio morfologico fondate su nozioni di teoria dell’informazione. Si cerca inoltre di mostrare che la tendenza all’equilibrio da un lato può essere interpretata come principio di massimizzazione dell’efficienza al livello della codifica morfologica e dall’altro rappresenta un fattore capace di incrementare la complessità e il disordine nel sistema delle relazioni tra unità di espressione e unità di contenuto. Allo stesso tempo il luogo in cui si esercita la pressione verso l’equilibrio morfologico è identificato con il mutamento linguistico. Nel terzo capitolo vengono esemplificate le manifestazioni della tendenza all’equilibrio e si mostra come alcune condizioni di disequilibrio possano rivelarsi come apparenti – o come meno accentuate – nel momento in cui si considerino tutte le dimensioni proprie del paradigma in esame. Si cerca inoltre di indagare in che modo l’ipotesi proposta possa applicarsi anche a strutture in cui le opposizioni formali sono sensibili sia a informazione di tipo grammaticale sia a informazione di tipo lessicale (come nelle allomorfie del tema delle forme verbali). Nel quarto capitolo si tratta dell’esistenza di forze – operanti ai vari livelli (fonologico, morfologico, sintattico) del sistema linguistico – che possono contrastare la tendenza all’equilibrio morfologico. In particolare si mostra come una tendenza all’ottimizzazione della codifica fonologica confligge sistematicamente con la tendenza all’equilibrio ed è responsabile di evoluzioni diacroniche caratterizzate da un aumento del disequilibrio morfologico.

L'equilibrio nella codifica morfologica

Paolo Milizia
2013-01-01

Abstract

Il volume si propone di difendere la tesi seguente: una delle forze che determinano l’organizzazione dei paradigmi flessivi è una tendenza a far sì che i valori di frequenza di occorrenza degli esponenti morfologici appartenenti a un medesimo paradigma non differiscano eccessivamente gli uni dagli altri, ossia una tendenza a mantenere la distribuzione di probabilità degli esponenti il più possibile vicina alla condizione di uniformità. A questa tendenza possono essere ricondotti due fenomeni apparentemente irrelati tra loro. Il primo è costituito dalla ricorrenza interlinguistica di schemi di sincretismo interpretabili alla luce del “principio di compensazione” brøndaliano, che connette la neutralizzazione di una distinzione categoriale con la presenza di un valore marcato di una categoria sovraordinata (si pensi alla massiccia presenza di sincretismo di caso nel duale dei nominali antico-indiani). Nel sincretismo “compensativo” le celle del paradigma che condividono il medesimo esponente sono caratterizzate da bassi valori di frequenza di occorrenza. Il secondo fenomeno è l’esponenza “semiseparata”, che si verifica quando, all’interno di un paradigma generalmente caratterizzato da esponenza cumulativa (cioé da morfi non analizzabili associati a specifiche combinazioni di valori di categorie grammaticali), un determinato sottoinsieme di celle mostra marche morfologiche analizzabili come combinazioni di esponenti, ciascuno dei quali risulta essere insensibile o solo parzialmente sensibile ai valori di qualcuna tra le categorie in gioco (così accade, ad esempio, in greco antico nelle desinenze verbali duali di tipo –t-on, -t-ēn, -sth-on, -sth-ēn). Anche l’esponenza semiseparata tende a ricorrere nelle celle con bassa frequenza di occorrenza. Entrambi i fenomeni descritti consentono al sistema di evitare esponenti morfologici associati in modo biunivoco a celle particolarmente rare (ossia a combinazioni particolarmente infrequenti di valori di categorie morfosintattiche). Il primo capitolo tratta di due questioni preliminari: lo statuto teorico delle unità morfologiche chiamate esponenti e l’inadeguatezza dell’interpretazione del sincretismo compensativo in termini di marcatezza sul versante del contenuto. Nel secondo capitolo si propongono, in via provvisoria, alcune possibili misure quantitative dell’equilibrio morfologico fondate su nozioni di teoria dell’informazione. Si cerca inoltre di mostrare che la tendenza all’equilibrio da un lato può essere interpretata come principio di massimizzazione dell’efficienza al livello della codifica morfologica e dall’altro rappresenta un fattore capace di incrementare la complessità e il disordine nel sistema delle relazioni tra unità di espressione e unità di contenuto. Allo stesso tempo il luogo in cui si esercita la pressione verso l’equilibrio morfologico è identificato con il mutamento linguistico. Nel terzo capitolo vengono esemplificate le manifestazioni della tendenza all’equilibrio e si mostra come alcune condizioni di disequilibrio possano rivelarsi come apparenti – o come meno accentuate – nel momento in cui si considerino tutte le dimensioni proprie del paradigma in esame. Si cerca inoltre di indagare in che modo l’ipotesi proposta possa applicarsi anche a strutture in cui le opposizioni formali sono sensibili sia a informazione di tipo grammaticale sia a informazione di tipo lessicale (come nelle allomorfie del tema delle forme verbali). Nel quarto capitolo si tratta dell’esistenza di forze – operanti ai vari livelli (fonologico, morfologico, sintattico) del sistema linguistico – che possono contrastare la tendenza all’equilibrio morfologico. In particolare si mostra come una tendenza all’ottimizzazione della codifica fonologica confligge sistematicamente con la tendenza all’equilibrio ed è responsabile di evoluzioni diacroniche caratterizzate da un aumento del disequilibrio morfologico.
2013
978-88-430-7155-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/195536
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