Nei due grandi cicli poetici dell’opera tarda, le Elegie Duinesi e i Sonetti a Orfeo, ma anche in alcune delle poesie sparse degli ultimi anni, Rilke elabora una poetica dell’ascolto nella quale il campo dell’udito si sostituisce a quello dello sguardo, centrale invece nelle poesie e nel romanzo scritti durante il periodo parigino. Ma Rilke non si concentra sui fenomeni percettivi del campo acustico, bensì sulle modalità di un ascolto rarefatto, assoluto, come quello che inaugura il cantore Orfeo quando trasforma animali e piante in creature fatte di silenzio. In queste poesie Rilke propone alcune figure del silenzio, che si delinea come la condizione ineludibile per aprire il campo di questo ascolto particolare, essenziale, non più riempito dalle urla e dai rumori dell’umano, che invece segnano il nostro quotidiano. Perché il silenzio fa sì che in questo campo non vengano intenzionati fenomeni sonori: si tratta di un ascolto intransitivo e senza oggetto, pura apertura o pura potenzialità di accogliere – l’uomo che lo sappia sperimentare si dispone a una continua attesa, a un desiderio senza desiderato. È questa la condizione del giovane morto, il protagonista della decima e ultima elegia, che abbandona la città nevrotica e falsa, con il suo frastuono, simbolo della metropoli moderna e di un’esistenza inautentica, e attraversa un paesaggio atono, dove non risuona neanche più il suo passo.
Condizioni di ascolto. Le figure del silenzio in Rilke
Sergio Corrado
2021-01-01
Abstract
Nei due grandi cicli poetici dell’opera tarda, le Elegie Duinesi e i Sonetti a Orfeo, ma anche in alcune delle poesie sparse degli ultimi anni, Rilke elabora una poetica dell’ascolto nella quale il campo dell’udito si sostituisce a quello dello sguardo, centrale invece nelle poesie e nel romanzo scritti durante il periodo parigino. Ma Rilke non si concentra sui fenomeni percettivi del campo acustico, bensì sulle modalità di un ascolto rarefatto, assoluto, come quello che inaugura il cantore Orfeo quando trasforma animali e piante in creature fatte di silenzio. In queste poesie Rilke propone alcune figure del silenzio, che si delinea come la condizione ineludibile per aprire il campo di questo ascolto particolare, essenziale, non più riempito dalle urla e dai rumori dell’umano, che invece segnano il nostro quotidiano. Perché il silenzio fa sì che in questo campo non vengano intenzionati fenomeni sonori: si tratta di un ascolto intransitivo e senza oggetto, pura apertura o pura potenzialità di accogliere – l’uomo che lo sappia sperimentare si dispone a una continua attesa, a un desiderio senza desiderato. È questa la condizione del giovane morto, il protagonista della decima e ultima elegia, che abbandona la città nevrotica e falsa, con il suo frastuono, simbolo della metropoli moderna e di un’esistenza inautentica, e attraversa un paesaggio atono, dove non risuona neanche più il suo passo.File | Dimensione | Formato | |
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