Parallelamente alla presenza sulle scene italiane di Grotowski, Living Theatre, Open Theatre, Bread and Puppet, Cricot 2 e Odin Teatret e alla germinazione di compagnie e gruppi, sul finire degli anni sessanta si assiste al boom delle “cantine”: spazi alternativi in cui gli artisti del Nuovo Teatro italiano propongono innovative tecniche recitative e sperimentano una progettazione “altra” dello spazio. Rispondendo ad un’organizzazione con funzioni sempre più precise, le “cantine” diventarono in breve tempo l’espressione di una vera e propria poetica teatrale, la scelta di una precisa strategia artistica, l’incarnazione di un modello di produzione scenica e costruzione narrativo-spettacolare imperniato sulle coordinate critico-operative scandite dalla pratica della “scrittura scenica”. Spazio polivalente, laboratorio, luogo in cui si condensa la controcultura underground, la “cantina” si lasciò velocemente alle spalle l’etichetta di “teatrino”, piccola sala off, affermandosi come dispositivo che si reinventa e rimodula tanto architettonicamente, quanto espressivamente a seconda delle esigenze drammaturgiche. Il Leopardo, La Fede, la Comunità, il Meta-Teatro, il Centro Teatro Esse, l’Alfred Jarry furono alcuni dei luoghi che operarono su tale versante, caratterizzando la sperimentazione teatrale nel periodo compreso tra la fine degli anni sessanta e la prima metà degli anni settanta.

Lo spazio-cantina come strumento di costruzione drammaturgica

Salvatore Margiotta
2022-01-01

Abstract

Parallelamente alla presenza sulle scene italiane di Grotowski, Living Theatre, Open Theatre, Bread and Puppet, Cricot 2 e Odin Teatret e alla germinazione di compagnie e gruppi, sul finire degli anni sessanta si assiste al boom delle “cantine”: spazi alternativi in cui gli artisti del Nuovo Teatro italiano propongono innovative tecniche recitative e sperimentano una progettazione “altra” dello spazio. Rispondendo ad un’organizzazione con funzioni sempre più precise, le “cantine” diventarono in breve tempo l’espressione di una vera e propria poetica teatrale, la scelta di una precisa strategia artistica, l’incarnazione di un modello di produzione scenica e costruzione narrativo-spettacolare imperniato sulle coordinate critico-operative scandite dalla pratica della “scrittura scenica”. Spazio polivalente, laboratorio, luogo in cui si condensa la controcultura underground, la “cantina” si lasciò velocemente alle spalle l’etichetta di “teatrino”, piccola sala off, affermandosi come dispositivo che si reinventa e rimodula tanto architettonicamente, quanto espressivamente a seconda delle esigenze drammaturgiche. Il Leopardo, La Fede, la Comunità, il Meta-Teatro, il Centro Teatro Esse, l’Alfred Jarry furono alcuni dei luoghi che operarono su tale versante, caratterizzando la sperimentazione teatrale nel periodo compreso tra la fine degli anni sessanta e la prima metà degli anni settanta.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/211680
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