L’articolo propone una riflessione sulla guerra, riesplosa nel cuore dell’Europa con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nel 2022, e sulla scorta di una spirale crescente di conflitti geopolitici (e geoeconomici) nel mondo. Con un iniziale inquadramento dell’apporto scientifico di Michael Walzer, il saggio ripercorrendone le linee essenziali dei reiterati contributi di questo studioso di filosofia morale e filosofo politico di origine ebraica. Walzer, autore estremamente prolifico, di rilevanza internazionale, da anni insegna all’Università di Princeton ed è tra gli esponenti di punta del pensiero politico contemporaneo nell’ambito della New Left statunitense. Il filosofo di Princeton, al contempo, è un esperto di relazioni internazionali, tuttora attivamente impegnato nel dibattito pubblico, nel quale continua a intervenire con una personalissima riflessione sulla diade ‘guerra giusta/guerra ingiusta’: uno dei principali approdi teorici che ha contribuito a renderlo famoso nel mondo. Le interpretazioni di Walzer mirano a fare interagire i principi del socialismo democratico con quelli del liberalismo, nel tentativo di bilanciare il ruolo della comunità con le istanze individuali. Guerra giusta, guerra ingiusta è uno dei lavori più noti di Michael Walzer, la cui vasta produzione scientifica include, inoltre, temi come la giustizia distributiva, la critica sociale, le politiche per la pace, la disamina accorata della genesi dell’ebraismo, fondata sui grandi testi biblici. Il presente articolo affronta gli aspetti più incisivi delle tesi dell’intellettuale statunitense, un pensiero “costitutivamente controverso”, definizione coniata da uno dei massimi studiosi italiani della produzione scientifica walzeriana, conducendo una critica serrata delle contraddizioni di fondo presenti nelle sue tesi analitiche, soprattutto in relazione alle argomentazioni sul “movimento dalla teoria alla politica”. Se negli studi di Walzer i nessi con la grande tradizione scientifica della geografia politica risultano labili e decisamente sfumati, sul fronte del dibattito geografico vi è un solido patrimonio di studi dedicato al conflitto quale elemento costitutivo delle istituzioni politico-sociali. Lungo una linea risalente che va da Erodoto, a Polibio e a Strabone, passando per Machiavelli, Botero e così di seguito, è possibile tracciare un comune filo conduttore, che giunge fino alla metà del XIX secolo quando in Europa, nell’ambito delle istituzioni universitarie e accademiche statali al tempo appena in formazione, nasce la geografia politica moderna grazie all'influenza del fondatore Friedrich Ratzel. Il lavoro si sofferma su tali aspetti, offrendo una panoramica di alcuni dei temi chiave della geografia politica e dopo un focus essenziale sull'opera di Friedrich Ratzel, perviene a un confronto con le questioni morali e politiche contemporanee, che il pensiero complesso di Michael Walzer mette in tensione. Nella seconda parte del saggio, quindi, si richiama l’attenzione sul dramma delle guerre, espressione profonda della distruttività umana, che attualmente rischia di aprire il varco a un terzo conflitto mondiale conclamato, risvegliando i fantasmi mai sopiti dopo la fine della seconda guerra mondiale, di una guerra totale condotta con armi nucleari. La tragica prospettiva adombrata mette a nudo come non sia possibile eludere il nodo strutturale delle radici della violenza, connaturato alla condizione umana e posto alla base della tormentata contrapposizione “guerra/pace”. E’ in tale ottica che vengono richiamati gli apporti incisivi di Michel Foucault, Christa Wolf, Simone Weil, ma principalmente di Carl Schmitt, il filosofo, giurista, nonché politologo, che ha segnato il dibattito del XX secolo sui problemi della guerra e lo “stato di eccezione”, sulla storia dell’egemonia europea e statunitense a scala mondiale, sul rapporto amico/nemico. Le analisi di Schmitt, tuttavia, non compaiono affatto nelle teorie di Walzer, lasciando aperta la questione di tale singolare rimozione. In conclusione, sulla scia del celeberrimo scambio epistolare tra Freud ed Einstein: “Perché la guerra”, nel contributo viene recuperato il discorso critico fondativo sulla distruttività umana di Erich Fromm, per soffermarsi sull’urgenza di una riflessione pubblica sull’esercizio e l’uso della violenza, che nel mondo della contemporaneità si sprigiona con inaudita e incontrollata virulenza.

Il conflitto e il disordine del mondo. "Guerra giusta?" Uno sguardo geografico della visione di Michael Walzer e il silenzio su Carl Schmitt

Floriana Galluccio
2023-01-01

Abstract

L’articolo propone una riflessione sulla guerra, riesplosa nel cuore dell’Europa con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nel 2022, e sulla scorta di una spirale crescente di conflitti geopolitici (e geoeconomici) nel mondo. Con un iniziale inquadramento dell’apporto scientifico di Michael Walzer, il saggio ripercorrendone le linee essenziali dei reiterati contributi di questo studioso di filosofia morale e filosofo politico di origine ebraica. Walzer, autore estremamente prolifico, di rilevanza internazionale, da anni insegna all’Università di Princeton ed è tra gli esponenti di punta del pensiero politico contemporaneo nell’ambito della New Left statunitense. Il filosofo di Princeton, al contempo, è un esperto di relazioni internazionali, tuttora attivamente impegnato nel dibattito pubblico, nel quale continua a intervenire con una personalissima riflessione sulla diade ‘guerra giusta/guerra ingiusta’: uno dei principali approdi teorici che ha contribuito a renderlo famoso nel mondo. Le interpretazioni di Walzer mirano a fare interagire i principi del socialismo democratico con quelli del liberalismo, nel tentativo di bilanciare il ruolo della comunità con le istanze individuali. Guerra giusta, guerra ingiusta è uno dei lavori più noti di Michael Walzer, la cui vasta produzione scientifica include, inoltre, temi come la giustizia distributiva, la critica sociale, le politiche per la pace, la disamina accorata della genesi dell’ebraismo, fondata sui grandi testi biblici. Il presente articolo affronta gli aspetti più incisivi delle tesi dell’intellettuale statunitense, un pensiero “costitutivamente controverso”, definizione coniata da uno dei massimi studiosi italiani della produzione scientifica walzeriana, conducendo una critica serrata delle contraddizioni di fondo presenti nelle sue tesi analitiche, soprattutto in relazione alle argomentazioni sul “movimento dalla teoria alla politica”. Se negli studi di Walzer i nessi con la grande tradizione scientifica della geografia politica risultano labili e decisamente sfumati, sul fronte del dibattito geografico vi è un solido patrimonio di studi dedicato al conflitto quale elemento costitutivo delle istituzioni politico-sociali. Lungo una linea risalente che va da Erodoto, a Polibio e a Strabone, passando per Machiavelli, Botero e così di seguito, è possibile tracciare un comune filo conduttore, che giunge fino alla metà del XIX secolo quando in Europa, nell’ambito delle istituzioni universitarie e accademiche statali al tempo appena in formazione, nasce la geografia politica moderna grazie all'influenza del fondatore Friedrich Ratzel. Il lavoro si sofferma su tali aspetti, offrendo una panoramica di alcuni dei temi chiave della geografia politica e dopo un focus essenziale sull'opera di Friedrich Ratzel, perviene a un confronto con le questioni morali e politiche contemporanee, che il pensiero complesso di Michael Walzer mette in tensione. Nella seconda parte del saggio, quindi, si richiama l’attenzione sul dramma delle guerre, espressione profonda della distruttività umana, che attualmente rischia di aprire il varco a un terzo conflitto mondiale conclamato, risvegliando i fantasmi mai sopiti dopo la fine della seconda guerra mondiale, di una guerra totale condotta con armi nucleari. La tragica prospettiva adombrata mette a nudo come non sia possibile eludere il nodo strutturale delle radici della violenza, connaturato alla condizione umana e posto alla base della tormentata contrapposizione “guerra/pace”. E’ in tale ottica che vengono richiamati gli apporti incisivi di Michel Foucault, Christa Wolf, Simone Weil, ma principalmente di Carl Schmitt, il filosofo, giurista, nonché politologo, che ha segnato il dibattito del XX secolo sui problemi della guerra e lo “stato di eccezione”, sulla storia dell’egemonia europea e statunitense a scala mondiale, sul rapporto amico/nemico. Le analisi di Schmitt, tuttavia, non compaiono affatto nelle teorie di Walzer, lasciando aperta la questione di tale singolare rimozione. In conclusione, sulla scia del celeberrimo scambio epistolare tra Freud ed Einstein: “Perché la guerra”, nel contributo viene recuperato il discorso critico fondativo sulla distruttività umana di Erich Fromm, per soffermarsi sull’urgenza di una riflessione pubblica sull’esercizio e l’uso della violenza, che nel mondo della contemporaneità si sprigiona con inaudita e incontrollata virulenza.
2023
9788857595160
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/221101
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