il cosiddetto “dialogo aperto” è una pratica terapeutica avviata in Finlandia e in Lapponia da Jaakko Seikkula agli inizi degli anni ottanta e oggi sperimentato anche in Italia su iniziativa del C.N.R. che ha sul tema un progetto in corso finanziato dal Ministero della Salute. Detto metodo è caratterizzato dal fatto che l’intervento istituzionale è svolto in una prospettiva di rete sociale, orientata a operare quanto più è possibile nel contesto di appartenenza della persona sottoposta a terapia, in modo da favorirne la comprensione da parte degli operatori e da porre in un atteggiamento più aperto e collaborativo il destinatario delle cure. Il presente lavoro si interroga sulla possibilità che un supporto valido a superare le difficoltà applicative e a indirizzare in modo effettivo il descritto approccio terapeutico possa venire dall’impiego di sistemi di intelligenza artificiale (IA), il cui utilizzo in ambito psichiatrico è crescente. In particolare, esaminato il modello terapeutico di prossimità e il quadro generale della normativa e della giurisprudenza in materia di intelligenza artificiale, si rifletterà sulle potenzialità e sui limiti dell’uso della 'intelligenza artificiale (IA) a supporto del “dialogo aperto” sia sotto il profilo degli aspetti organizzativi di tale modello sia rispetto al metodo utilizzato, che enfatizza l'importanza della comunicazione e dell'interazione all'interno di una rete di supporto. Si tratta di attività in cui la tecnologia può certamente facilitare il lavoro, ma che richiedono un forte investimento in termini di spesa per implementare i sistemi e formare gli operatori e un attento bilanciamento con altri interessi rilevanti che non possono essere trascurati e che sono destinati a incidere fortemente sulla fattibilità e sui tempi di sperimentazione, valutazione e applicazione diffusa di questo modello terapeutico emergente.

AI to support the horizontal approach in the treatment of psychiatric disorders. The 'open dialogue' model as a case

Mercurio bruno
2024-01-01

Abstract

il cosiddetto “dialogo aperto” è una pratica terapeutica avviata in Finlandia e in Lapponia da Jaakko Seikkula agli inizi degli anni ottanta e oggi sperimentato anche in Italia su iniziativa del C.N.R. che ha sul tema un progetto in corso finanziato dal Ministero della Salute. Detto metodo è caratterizzato dal fatto che l’intervento istituzionale è svolto in una prospettiva di rete sociale, orientata a operare quanto più è possibile nel contesto di appartenenza della persona sottoposta a terapia, in modo da favorirne la comprensione da parte degli operatori e da porre in un atteggiamento più aperto e collaborativo il destinatario delle cure. Il presente lavoro si interroga sulla possibilità che un supporto valido a superare le difficoltà applicative e a indirizzare in modo effettivo il descritto approccio terapeutico possa venire dall’impiego di sistemi di intelligenza artificiale (IA), il cui utilizzo in ambito psichiatrico è crescente. In particolare, esaminato il modello terapeutico di prossimità e il quadro generale della normativa e della giurisprudenza in materia di intelligenza artificiale, si rifletterà sulle potenzialità e sui limiti dell’uso della 'intelligenza artificiale (IA) a supporto del “dialogo aperto” sia sotto il profilo degli aspetti organizzativi di tale modello sia rispetto al metodo utilizzato, che enfatizza l'importanza della comunicazione e dell'interazione all'interno di una rete di supporto. Si tratta di attività in cui la tecnologia può certamente facilitare il lavoro, ma che richiedono un forte investimento in termini di spesa per implementare i sistemi e formare gli operatori e un attento bilanciamento con altri interessi rilevanti che non possono essere trascurati e che sono destinati a incidere fortemente sulla fattibilità e sui tempi di sperimentazione, valutazione e applicazione diffusa di questo modello terapeutico emergente.
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