Il contributo prende in considerazione il corpus delle Lettere di direzione spirituale che San Pompilio Maria Pirrotti delle Scuole Pie (Montecalvio Irpino 1710 – Campi Salentina 1766) indirizzò ai suoi figli spirituali. Si tratta di circa un migliaio di missive di contenuto spirituale che seguono una scansione testuale costante: una prima parte in cui si illustra il modo di farsi santi; una seconda dedicata alla fede; un’altra incentrata sulla Gnora, ovvero la Vergine Maria, e una conclusione che offre spunti per la meditazione personale. Padre Pompilio, nato in una famiglia colta che ne osteggiò il sacerdozio, teneva molto alla cura e allo stile delle lettere, al punto che in una di esse (Melfi, 29 luglio 1731) afferma: «non voglio essere solo santo o solo dotto, ma santo e dotto insieme». La gran parte delle lettere, infatti, mantiene uno stile letterario in cui non mancano passi segnati da citazioni latine e caratterizzati, talvolta, da casi di code mixing, come nell’esempio che segue: «il Sommo bene vi possa assistere e vi possa tenere in piè saldo per la via della vita eterna, vitam eternam, vitam eternam». L’accusativo latino vitam eternam ha ragione di essere pensando a una reggenza dal per che precede la via della vita eterna; il costrutto per + accusativo, infatti, indicava il complemento di tempo continuato. In altre lettere, invece, come in una missiva diretta a una donna, si legge: «un Dio tutto amore. Tutte piaghe. E chi ce l’ha fatte? Voi ce l’avete fatte, ah Figlia. Tutto dolore», in cui è notevole il tratto diastraticamente basso di ci usato in luogo del dativo gli. I testi di padre Pompilio appartengono al genere poco studiato, anche all’interno dei lavori sulla comunicazione religiosa, delle lettere di direzione spirituale, un genere molto antico, che trova un antichissimo modello nelle lettere di Paolo e degli apostoli ma che nel Settecento va adeguandosi a nuove esigenze comunicative. Il corpus delle lettere di padre Pompilio offre un primo, importante punto di osservazione e consente di studiare l’avvicendarsi di varietà diafasiche, diatopiche e diastratiche che non ci aspetteremmo in uno scrivente dotto, ma che sembrano nascere dal desiderio dell’autore di farsi prossimo, anche nello stile delle lettere, a destinatari di estrazione sociale diversa e non tutti istruiti. Lo stile e il registro, infatti, potevano abbassarsi moltissimo, quasi a simulare il modo di parlare (o di scrivere) della persona che avrebbe ricevuto la lettera.

Le lettere di s. Pompilio Maria Pirrotti (1710-1766): continuum involontario da una varietà all’altra o scelta consapevole?

rosa piro
2024-01-01

Abstract

Il contributo prende in considerazione il corpus delle Lettere di direzione spirituale che San Pompilio Maria Pirrotti delle Scuole Pie (Montecalvio Irpino 1710 – Campi Salentina 1766) indirizzò ai suoi figli spirituali. Si tratta di circa un migliaio di missive di contenuto spirituale che seguono una scansione testuale costante: una prima parte in cui si illustra il modo di farsi santi; una seconda dedicata alla fede; un’altra incentrata sulla Gnora, ovvero la Vergine Maria, e una conclusione che offre spunti per la meditazione personale. Padre Pompilio, nato in una famiglia colta che ne osteggiò il sacerdozio, teneva molto alla cura e allo stile delle lettere, al punto che in una di esse (Melfi, 29 luglio 1731) afferma: «non voglio essere solo santo o solo dotto, ma santo e dotto insieme». La gran parte delle lettere, infatti, mantiene uno stile letterario in cui non mancano passi segnati da citazioni latine e caratterizzati, talvolta, da casi di code mixing, come nell’esempio che segue: «il Sommo bene vi possa assistere e vi possa tenere in piè saldo per la via della vita eterna, vitam eternam, vitam eternam». L’accusativo latino vitam eternam ha ragione di essere pensando a una reggenza dal per che precede la via della vita eterna; il costrutto per + accusativo, infatti, indicava il complemento di tempo continuato. In altre lettere, invece, come in una missiva diretta a una donna, si legge: «un Dio tutto amore. Tutte piaghe. E chi ce l’ha fatte? Voi ce l’avete fatte, ah Figlia. Tutto dolore», in cui è notevole il tratto diastraticamente basso di ci usato in luogo del dativo gli. I testi di padre Pompilio appartengono al genere poco studiato, anche all’interno dei lavori sulla comunicazione religiosa, delle lettere di direzione spirituale, un genere molto antico, che trova un antichissimo modello nelle lettere di Paolo e degli apostoli ma che nel Settecento va adeguandosi a nuove esigenze comunicative. Il corpus delle lettere di padre Pompilio offre un primo, importante punto di osservazione e consente di studiare l’avvicendarsi di varietà diafasiche, diatopiche e diastratiche che non ci aspetteremmo in uno scrivente dotto, ma che sembrano nascere dal desiderio dell’autore di farsi prossimo, anche nello stile delle lettere, a destinatari di estrazione sociale diversa e non tutti istruiti. Lo stile e il registro, infatti, potevano abbassarsi moltissimo, quasi a simulare il modo di parlare (o di scrivere) della persona che avrebbe ricevuto la lettera.
2024
979-12-5496-143-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/230180
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