La situazione dei rifugiati obbliga tanto il clinico quanto l’operatore sociale a misurarsi con un orizzonte propriamente politico: con la violenza della storia, con la dolorosa eredita` del colonialismo, con le controverse espressioni di una cittadinanza e una sovranita` ormai differenziate e diversamente distribuite (Ong). Questo lavoro nasce da una ricerca clinica ed etnografica condotta negli ultimi sei anni presso il Centro Frantz Fanon di Torino, un servizio pubblico all’interno del SSN di counselling, psicoterapia e supporto psicosociale per immigrati, rifugiati e vittime di tortura. In particolare, dal 2005 ad oggi l’autrice ha iniziato a seguire con regolarita`alcune donne africane richiedenti asilo. Intento di questo lavoro e` quello di riflettere sulla sofferenza di queste donne, interrogando le modalita` con cui le istituzioni sociali producono una ‘vittima’ ma anche le modalita` attraverso cui una ‘vittima’ si produce come tale (accettando, dunque, lo statuto concesso dal Paese d’accoglienza, facendo suo il discorso umanitario e politico dominante oggi in Europa su profughi, richiedenti asilo, rifugiati). Si intende esplorare la forma della violenza perpetrata in quegli spazi abietti (Engin e Rygiel) che sono i centri di ‘accoglienza’. L’etnografia di questi luoghi e delle relazioni sociali che qui si generano spinge a collocare la sofferenza dei richiedenti asilo oggi, soprattutto quando donne, in piu` ordini di violenza e in almeno tre «regimi di storicita`» (Hartog): la fuga, il viaggio e soprattutto l’arrivo. Ogni gesto, ogni azione e ogni parola sembrano raddoppiare e amplificare, tra il Paese d’origine e quello d’accoglienza, la maledizione dell’immigrato (Sayad). The refugee’s situation forces the clinician as well as the social worker to confront with a specifically political horizon. This refers to the violence of history, the painful heritage of colonialism and the disputed expressions of citizenship and sovereignty which are now differentiated and guaranteed in different ways (Ong). This work stems from a clinical and ethnographic research conducted over the last six years at the Frantz Fanon Centre of Turin, a public service within the public health service which offers counselling, psychotherapy and psychosocial support to immigrants, refugees and victims of torture. Since 2005 the author started to regularly follow African women asylum seekers. The goal is to reflect on their suffering, by questioning the ways in which social institutions produce a ‘victim’ but also the ways in which a ‘victim’ produces herself as such (thus accepting the status granted by the host country, and reproducing humanitarian and political discourses on refugees and asylum seekers that presently dominate in Europe). The goal is also to analyse the different forms of violence that characterize the abject spaces they are forced to live in (Engin and Rygiel). The ethnographies of these spaces and the analysis of the relationship that take shape here force us to think these sufferings or illnesses at different levels of violence and at least in three diverse historical contexts: the country of origin of the escapees, the journey, and particularly the arrival. In the journey between the country of origin and the host country, each gesture, act and word seem to redouble and amplify the vulnerability of the migrants (what Sayad termed la malediction).
Il passato credibile e il corpo impudico. Storia, violenza e trauma nelle biografie di donne africane richiedenti asilo in Italia
TALIANI, Simona
2011-01-01
Abstract
La situazione dei rifugiati obbliga tanto il clinico quanto l’operatore sociale a misurarsi con un orizzonte propriamente politico: con la violenza della storia, con la dolorosa eredita` del colonialismo, con le controverse espressioni di una cittadinanza e una sovranita` ormai differenziate e diversamente distribuite (Ong). Questo lavoro nasce da una ricerca clinica ed etnografica condotta negli ultimi sei anni presso il Centro Frantz Fanon di Torino, un servizio pubblico all’interno del SSN di counselling, psicoterapia e supporto psicosociale per immigrati, rifugiati e vittime di tortura. In particolare, dal 2005 ad oggi l’autrice ha iniziato a seguire con regolarita`alcune donne africane richiedenti asilo. Intento di questo lavoro e` quello di riflettere sulla sofferenza di queste donne, interrogando le modalita` con cui le istituzioni sociali producono una ‘vittima’ ma anche le modalita` attraverso cui una ‘vittima’ si produce come tale (accettando, dunque, lo statuto concesso dal Paese d’accoglienza, facendo suo il discorso umanitario e politico dominante oggi in Europa su profughi, richiedenti asilo, rifugiati). Si intende esplorare la forma della violenza perpetrata in quegli spazi abietti (Engin e Rygiel) che sono i centri di ‘accoglienza’. L’etnografia di questi luoghi e delle relazioni sociali che qui si generano spinge a collocare la sofferenza dei richiedenti asilo oggi, soprattutto quando donne, in piu` ordini di violenza e in almeno tre «regimi di storicita`» (Hartog): la fuga, il viaggio e soprattutto l’arrivo. Ogni gesto, ogni azione e ogni parola sembrano raddoppiare e amplificare, tra il Paese d’origine e quello d’accoglienza, la maledizione dell’immigrato (Sayad). The refugee’s situation forces the clinician as well as the social worker to confront with a specifically political horizon. This refers to the violence of history, the painful heritage of colonialism and the disputed expressions of citizenship and sovereignty which are now differentiated and guaranteed in different ways (Ong). This work stems from a clinical and ethnographic research conducted over the last six years at the Frantz Fanon Centre of Turin, a public service within the public health service which offers counselling, psychotherapy and psychosocial support to immigrants, refugees and victims of torture. Since 2005 the author started to regularly follow African women asylum seekers. The goal is to reflect on their suffering, by questioning the ways in which social institutions produce a ‘victim’ but also the ways in which a ‘victim’ produces herself as such (thus accepting the status granted by the host country, and reproducing humanitarian and political discourses on refugees and asylum seekers that presently dominate in Europe). The goal is also to analyse the different forms of violence that characterize the abject spaces they are forced to live in (Engin and Rygiel). The ethnographies of these spaces and the analysis of the relationship that take shape here force us to think these sufferings or illnesses at different levels of violence and at least in three diverse historical contexts: the country of origin of the escapees, the journey, and particularly the arrival. In the journey between the country of origin and the host country, each gesture, act and word seem to redouble and amplify the vulnerability of the migrants (what Sayad termed la malediction).File | Dimensione | Formato | |
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