L’etnopsichiatria italiana, grazie all’ampio progetto disegnato da Ernesto de Martino, aveva avviato un promettente incontro interdisciplinare tra antropologia, psicanalisi, psichiatria e storia delle religioni, non dimenticando che coloro di cui si parlava erano soggetti socialmente marginalizzati, economicamente e culturalmente subalterni, portatori di una precisa concezione dello Stato, in territori dove l’avvenire era ipotecato e il presente stentava “a passare”. Entro un orizzonte etnografico solo in parte analogo, e con l’intento di esplorare il confine tra documento culturale e documento psicopatologico, l’autrice si propone di riflettere sui processi di animazione e animalizzazione del mondo, e il peculiare rapporto di dipendenza che l’essere umano instaura con quelle “cose” fabbricate che iniziano a vivere di vita autonoma e ad agire nel mondo, cambiandolo. Riprendendo alcune delle più dense pagine scritte intorno alle esperienze della trasformazione (il “divenire-animale”) e della dominazione (l’essere-agiti-da), si tenta in questo lavoro di far dialogare de Martino con Deleuze e Guattari, Ginzburg, Fanon. Viene così reinterrogato il rapporto tra mito, nevrosi e psicosi nelle tante “vite di traverso” che si incontrano negli spazi della cura, dove i pazienti arrivano spesso tardi, o meglio: quando altri gesti di cura sono stati già praticati e altre interpretazioni del male suggerite.
In un mondo rigenerato. Avventure etnopsichiatriche dentro un «presente senza grazia»
Simona Taliani
2017-01-01
Abstract
L’etnopsichiatria italiana, grazie all’ampio progetto disegnato da Ernesto de Martino, aveva avviato un promettente incontro interdisciplinare tra antropologia, psicanalisi, psichiatria e storia delle religioni, non dimenticando che coloro di cui si parlava erano soggetti socialmente marginalizzati, economicamente e culturalmente subalterni, portatori di una precisa concezione dello Stato, in territori dove l’avvenire era ipotecato e il presente stentava “a passare”. Entro un orizzonte etnografico solo in parte analogo, e con l’intento di esplorare il confine tra documento culturale e documento psicopatologico, l’autrice si propone di riflettere sui processi di animazione e animalizzazione del mondo, e il peculiare rapporto di dipendenza che l’essere umano instaura con quelle “cose” fabbricate che iniziano a vivere di vita autonoma e ad agire nel mondo, cambiandolo. Riprendendo alcune delle più dense pagine scritte intorno alle esperienze della trasformazione (il “divenire-animale”) e della dominazione (l’essere-agiti-da), si tenta in questo lavoro di far dialogare de Martino con Deleuze e Guattari, Ginzburg, Fanon. Viene così reinterrogato il rapporto tra mito, nevrosi e psicosi nelle tante “vite di traverso” che si incontrano negli spazi della cura, dove i pazienti arrivano spesso tardi, o meglio: quando altri gesti di cura sono stati già praticati e altre interpretazioni del male suggerite.File | Dimensione | Formato | |
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