Con il termine interlingua, introdotto da Selinker nel 1972, si fa riferimento al codice linguistico utilizzato da coloro che stanno apprendendo una lingua straniera o seconda. Si tratta, quindi, di una varietà non-nativa, sia parlata sia scritta, caratterizzata dalla presenza di frequenti deviazioni dalla norma della lingua target (i cosiddetti errori) e da specifiche fasi evolutive, che sono oggetto ormai di numerosi studi (si vedano, tra gli altri, per l’apprendimento dell’italiano Giacalone Ramat 2003; Chini 2005; per la lingua tedesca Clahsen et al. 1983; Diehl 1999). Le interlingue, quindi, presentano strutture e dinamiche che sono comuni a tutti gli apprendenti di una data lingua, ossia le sequenze acquisizionali, alcune delle quali saranno descritte nei prossimi paragrafi; al fianco di esse, esistono fenomeni di variabilità di natura idiosincratica, legati alle caratteristiche biografiche di ciascun individuo (ad esempio, la lingua materna, l’età, la sua motivazione) e a quelle relative al contesto in cui ha luogo il processo di apprendimento (che può essere spontaneo, guidato o misto). Partendo da questa breve definizione, che sarà in seguito approfondita con riferimento alle due lingue oggetto di questo contributo, si intende presentare un caso di studio sulla rappresentazione dell’interlingua nel cinema. In continuità con un lavoro precedente (Maffia, Boccia 2022), si vuole ampliare la riflessione già avviata sulle distorsioni e la carenza di realismo nella ricostruzione cinematografica del processo di apprendimento linguistico di un apprendente adulto, effettuando un confronto tra italiano e tedesco nel caso specifico del doppiaggio del film The Terminal.

L’interlingua al cinema tra stereotipi e distorsioni: riflessioni sul doppiaggio in italiano e tedesco del film The Terminal

Marta Maffia
;
Maria Di Maro
2024-01-01

Abstract

Con il termine interlingua, introdotto da Selinker nel 1972, si fa riferimento al codice linguistico utilizzato da coloro che stanno apprendendo una lingua straniera o seconda. Si tratta, quindi, di una varietà non-nativa, sia parlata sia scritta, caratterizzata dalla presenza di frequenti deviazioni dalla norma della lingua target (i cosiddetti errori) e da specifiche fasi evolutive, che sono oggetto ormai di numerosi studi (si vedano, tra gli altri, per l’apprendimento dell’italiano Giacalone Ramat 2003; Chini 2005; per la lingua tedesca Clahsen et al. 1983; Diehl 1999). Le interlingue, quindi, presentano strutture e dinamiche che sono comuni a tutti gli apprendenti di una data lingua, ossia le sequenze acquisizionali, alcune delle quali saranno descritte nei prossimi paragrafi; al fianco di esse, esistono fenomeni di variabilità di natura idiosincratica, legati alle caratteristiche biografiche di ciascun individuo (ad esempio, la lingua materna, l’età, la sua motivazione) e a quelle relative al contesto in cui ha luogo il processo di apprendimento (che può essere spontaneo, guidato o misto). Partendo da questa breve definizione, che sarà in seguito approfondita con riferimento alle due lingue oggetto di questo contributo, si intende presentare un caso di studio sulla rappresentazione dell’interlingua nel cinema. In continuità con un lavoro precedente (Maffia, Boccia 2022), si vuole ampliare la riflessione già avviata sulle distorsioni e la carenza di realismo nella ricostruzione cinematografica del processo di apprendimento linguistico di un apprendente adulto, effettuando un confronto tra italiano e tedesco nel caso specifico del doppiaggio del film The Terminal.
2024
9791256150991
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