La prima parte del capitolo analizza le origini e il declino del “soft power” americano, evidenziando l'allontanamento dal concetto originale di J. Nye, che lo definiva come un potere eminentemente politico basato su “un diverso tipo di valuta (non la forza, non il denaro) per generare cooperazione”. Dopo la Guerra Fredda e il decennio “unipolare”, l’11 settembre 2001 trova gli Stati Uniti impreparati a fronteggiare il crescente antiamericanismo globale, segnando il punto più basso del loro potere seduttivo. Questo declino corre parallelo a un fenomeno tipico degli anni Novanta, quello della commercializzazione della public diplomacy, il cui linguaggio slitta dalla “propaganda” politica al “marketing” commerciale. Ciò rispecchia un più ampio mutamento di paradigma nelle relazioni internazionali, dal primato della politica a quello dell’economia, evidenziato anche dal coinvolgimento diretto della “business and financial community” nella politica estera americana. La seconda parte confronta l’esperienza americana con quella europea, in particolare britannica, dove il dibattito sul soft power e sulla “new public diplomacy” si evolve in forme parzialmente diverse. Il capitolo si conclude con alcune chiavi di lettura volte a rivalutare il senso politico del soft power, nell’auspicio che queste possano rivelarsi utili per i policy makers italiani impegnati nella ridefinizione delle strategie di comunicazione internazionale del “Sistema Paese Italia”.
Soft power: lezioni americane. Tra public diplomacy e nation branding
O. Cappelli
2020-01-01
Abstract
La prima parte del capitolo analizza le origini e il declino del “soft power” americano, evidenziando l'allontanamento dal concetto originale di J. Nye, che lo definiva come un potere eminentemente politico basato su “un diverso tipo di valuta (non la forza, non il denaro) per generare cooperazione”. Dopo la Guerra Fredda e il decennio “unipolare”, l’11 settembre 2001 trova gli Stati Uniti impreparati a fronteggiare il crescente antiamericanismo globale, segnando il punto più basso del loro potere seduttivo. Questo declino corre parallelo a un fenomeno tipico degli anni Novanta, quello della commercializzazione della public diplomacy, il cui linguaggio slitta dalla “propaganda” politica al “marketing” commerciale. Ciò rispecchia un più ampio mutamento di paradigma nelle relazioni internazionali, dal primato della politica a quello dell’economia, evidenziato anche dal coinvolgimento diretto della “business and financial community” nella politica estera americana. La seconda parte confronta l’esperienza americana con quella europea, in particolare britannica, dove il dibattito sul soft power e sulla “new public diplomacy” si evolve in forme parzialmente diverse. Il capitolo si conclude con alcune chiavi di lettura volte a rivalutare il senso politico del soft power, nell’auspicio che queste possano rivelarsi utili per i policy makers italiani impegnati nella ridefinizione delle strategie di comunicazione internazionale del “Sistema Paese Italia”.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Cappelli-Soft-Power-2020.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Documento in Post-print
Licenza:
Copyright dell'editore
Dimensione
9.44 MB
Formato
Adobe PDF
|
9.44 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.