L’articolo indaga la presenza e il profilo iconico delle pescatrici (ama) nel repertorio del teatro nō giapponese, soffermandosi sulle loro origini sociali, i ruoli artistici e la profonda valenza simbolica. Dopo aver ripercorso le radici storiche e mitologiche di queste figure – dalle prime menzioni nel Manyōshū alle leggende legate all’imperatrice Jingu – il saggio esplora come le ama si siano evolute dal semplice status di lavoratrici del mare a protagoniste di momenti narrativi centrali, specialmente nei drammi “Ama” e “Matsukaze”. In queste rappresentazioni, la pescatrice diventa ponte tra il mondo umano e la dimensione marino-divina, incarnando ideali di dedizione, coraggio e sacrificio. Nel dramma “Ama”, il racconto dell’impresa della protagonista per recuperare un prezioso gioiello – attraverso un’immersione rischiosa che culmina nel sacrificio per il futuro del figlio – offre una chiave di lettura per comprendere il processo di nobilitazione artistica e spirituale della figura femminile. Il dramma intreccia motivi religiosi buddhisti, relazioni di potere dinastico (Fujiwara) e tensioni di classe, utilizzando la metafora del mare e dell’immersione nel profondo come elemento di passaggio, mediatore tra mondi e tra stati dell’essere. Inoltre, il sacrificio della pescatrice fa eco alle trasformazioni mitologiche di donne in draghi, come avviene nel Sutra del Loto, sottolineando il tema della rinuncia alla femminilità per l’elevazione spirituale. “Matsukaze”, invece, è dominato dall’eco di un amore eterno e inconsolabile, vissuto da due sorelle pescatrici sulle spiagge di Suma e narrato attraverso una complessa trama poetica e letteraria che rimanda ai classici Genji monogatari e Kokinwakashū. La condizione sociale di chi vive di pesca e produzione del sale diventa specchio di un’anima inquieta, condannata alla nostalgia e all’attesa, tra ricordi, oggetti simbolici e la ricorrente immagine del pino. Anche qui si affronta il tema della liminalità: le ama oscillano tra la durezza del lavoro quotidiano e la capacità di affascinare persino aristocratici e poeti grazie alle loro doti artistiche. Il saggio considera anche la presenza delle ama in altri racconti e generi, analizzando la sovrapposizione tra donne pescatrici, performer e danzatrici, e mostrando come, nella cultura giapponese premoderna, la figura della pescatrice divenga simbolo di fusione tra gli elementi, intermediaria tra terra e mare, arte e vita. Questa poliedricità si riflette nei diversi modelli narrativi, nelle metamorfosi e nei sacrifici che permettono alle protagoniste, pur nella loro umiltà, di acquisire un ruolo centrale.

Pescatrici tra i flutti della passione. Figure di ama nel nō

Claudia Iazzetta
2014-01-01

Abstract

L’articolo indaga la presenza e il profilo iconico delle pescatrici (ama) nel repertorio del teatro nō giapponese, soffermandosi sulle loro origini sociali, i ruoli artistici e la profonda valenza simbolica. Dopo aver ripercorso le radici storiche e mitologiche di queste figure – dalle prime menzioni nel Manyōshū alle leggende legate all’imperatrice Jingu – il saggio esplora come le ama si siano evolute dal semplice status di lavoratrici del mare a protagoniste di momenti narrativi centrali, specialmente nei drammi “Ama” e “Matsukaze”. In queste rappresentazioni, la pescatrice diventa ponte tra il mondo umano e la dimensione marino-divina, incarnando ideali di dedizione, coraggio e sacrificio. Nel dramma “Ama”, il racconto dell’impresa della protagonista per recuperare un prezioso gioiello – attraverso un’immersione rischiosa che culmina nel sacrificio per il futuro del figlio – offre una chiave di lettura per comprendere il processo di nobilitazione artistica e spirituale della figura femminile. Il dramma intreccia motivi religiosi buddhisti, relazioni di potere dinastico (Fujiwara) e tensioni di classe, utilizzando la metafora del mare e dell’immersione nel profondo come elemento di passaggio, mediatore tra mondi e tra stati dell’essere. Inoltre, il sacrificio della pescatrice fa eco alle trasformazioni mitologiche di donne in draghi, come avviene nel Sutra del Loto, sottolineando il tema della rinuncia alla femminilità per l’elevazione spirituale. “Matsukaze”, invece, è dominato dall’eco di un amore eterno e inconsolabile, vissuto da due sorelle pescatrici sulle spiagge di Suma e narrato attraverso una complessa trama poetica e letteraria che rimanda ai classici Genji monogatari e Kokinwakashū. La condizione sociale di chi vive di pesca e produzione del sale diventa specchio di un’anima inquieta, condannata alla nostalgia e all’attesa, tra ricordi, oggetti simbolici e la ricorrente immagine del pino. Anche qui si affronta il tema della liminalità: le ama oscillano tra la durezza del lavoro quotidiano e la capacità di affascinare persino aristocratici e poeti grazie alle loro doti artistiche. Il saggio considera anche la presenza delle ama in altri racconti e generi, analizzando la sovrapposizione tra donne pescatrici, performer e danzatrici, e mostrando come, nella cultura giapponese premoderna, la figura della pescatrice divenga simbolo di fusione tra gli elementi, intermediaria tra terra e mare, arte e vita. Questa poliedricità si riflette nei diversi modelli narrativi, nelle metamorfosi e nei sacrifici che permettono alle protagoniste, pur nella loro umiltà, di acquisire un ruolo centrale.
2014
978-88-548-8008-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/247882
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