È il 31 marzo 1878 quando nel tribunale di San Pietroburgo viene processata Vera Zasulič, terrorista ventenne accusata di aver sparato al governatore della città, F.F. Trepov. Il processo riaccende il dibattito sull’assetto giudiziario dell’Impero Russo successivo alla riforma del 20 novembre 1864e, soprattutto, sul ruolo della giuria popolare. È, infatti, proprio l’assoluzione di Vera da parte dei giurati che dà il via alla stagione delle controriforme giudiziarie (Vilenskij 1969, 265). Alla figura di Zasulič e al suo processo sono stati dedicati numerosi studi, di taglio storico, giuridico e retorico (Pipes, Siljak, Bergman, Litvinov, Mazurenko, Plaksina, etc.); anche le testimonianze coeve (Koni, Dostoevskij, Gradovskij) restituiscono un quadro ricco della dimensione discorsiva del processo, sottolineando da un lato l’opacità dell’arringa accusatoria di Kessel’ (Gradovskij parla di bescvetnost’ – mancanza di colore) e, dall’altro, la potenza emotiva e argomentativa della difesa di P.A. Aleksandrov. Tuttavia, ad oggi, manca uno studio sulle strategie retorico-linguistiche messe in atto da accusa, difesa e presidente della corte (nello specifico dal giudice A.F. Koni nel rezjume finale) per costruire il ritratto dell’imputata. A partire da questa lacuna, la presente ricerca propone un’analisi integrata tra pragmalinguistica e retorica dei discorsi processuali, focalizzandosi sulle modalità con cui le parti e il giudice hanno attuato strategie di intensifikacija (intensificazione) e priumen’šenie (minimizzazione) (Mal’ceva 2011, 105-106), principalmente attraverso i meccanismi linguistici di vaghezza, mitigazione e intensificazione (ad es. i lavori e le ricerche di Caffi, Benigni, di Filippo) per dare forma e pienezza all’image retorica (strategia pragmatica della persuasione comunicativa, Mal’ceva 2011, 107-115) di Vera Zasulič. L’analisi intende dimostrare come l’amplificazione e l’attenuazione — realizzate tramite sfumature lessicali, omissioni (principalmente nella forma linguistica dell’implicito), scelte anaforiche e modulazioni emotive — contribuiscano a costruire immagini contrapposte della Zasulič: fredda cospiratrice per l’accusa; figura tragica, portavoce del popolo e quasi cristologica per la difesa; oggetto di comprensione e rispetto nelle parole del giudice. Indicativa è anche la variazione nella denominazione dell’imputata: identificata solo con il cognome dal rappresentante dell’accusa Kessel’, viene invece chiamata per nome dal giudice Koni e, addirittura, per nome e patronimico dal difensore Aleksandrov, a marcare – in questi due casi – un riconoscimento della individualità e dignità della giovane terrorista. Questo approccio metodologico, che coniuga analisi semantico-pragmatica e retorica, mira non solo a ricostruire il profilo discorsivo di una delle imputate russe più controverse e mitizzate, ma anche a riflettere sulla costruzione dell’immagine giudiziaria dell’accusato nei processi penali russi del tardo impero, offrendo spunti metodologici utili anche per lo studio del discorso giuridico e giudiziario contemporaneo.
IL DISCORSO PROCESSUALE COME RITRATTO: INTENSIFICAZIONE E MITIGAZIONE NELLA RAPPRESENTAZIONE DI VERA ZASULIČ
Annalisa Di Santo
In corso di stampa
Abstract
È il 31 marzo 1878 quando nel tribunale di San Pietroburgo viene processata Vera Zasulič, terrorista ventenne accusata di aver sparato al governatore della città, F.F. Trepov. Il processo riaccende il dibattito sull’assetto giudiziario dell’Impero Russo successivo alla riforma del 20 novembre 1864e, soprattutto, sul ruolo della giuria popolare. È, infatti, proprio l’assoluzione di Vera da parte dei giurati che dà il via alla stagione delle controriforme giudiziarie (Vilenskij 1969, 265). Alla figura di Zasulič e al suo processo sono stati dedicati numerosi studi, di taglio storico, giuridico e retorico (Pipes, Siljak, Bergman, Litvinov, Mazurenko, Plaksina, etc.); anche le testimonianze coeve (Koni, Dostoevskij, Gradovskij) restituiscono un quadro ricco della dimensione discorsiva del processo, sottolineando da un lato l’opacità dell’arringa accusatoria di Kessel’ (Gradovskij parla di bescvetnost’ – mancanza di colore) e, dall’altro, la potenza emotiva e argomentativa della difesa di P.A. Aleksandrov. Tuttavia, ad oggi, manca uno studio sulle strategie retorico-linguistiche messe in atto da accusa, difesa e presidente della corte (nello specifico dal giudice A.F. Koni nel rezjume finale) per costruire il ritratto dell’imputata. A partire da questa lacuna, la presente ricerca propone un’analisi integrata tra pragmalinguistica e retorica dei discorsi processuali, focalizzandosi sulle modalità con cui le parti e il giudice hanno attuato strategie di intensifikacija (intensificazione) e priumen’šenie (minimizzazione) (Mal’ceva 2011, 105-106), principalmente attraverso i meccanismi linguistici di vaghezza, mitigazione e intensificazione (ad es. i lavori e le ricerche di Caffi, Benigni, di Filippo) per dare forma e pienezza all’image retorica (strategia pragmatica della persuasione comunicativa, Mal’ceva 2011, 107-115) di Vera Zasulič. L’analisi intende dimostrare come l’amplificazione e l’attenuazione — realizzate tramite sfumature lessicali, omissioni (principalmente nella forma linguistica dell’implicito), scelte anaforiche e modulazioni emotive — contribuiscano a costruire immagini contrapposte della Zasulič: fredda cospiratrice per l’accusa; figura tragica, portavoce del popolo e quasi cristologica per la difesa; oggetto di comprensione e rispetto nelle parole del giudice. Indicativa è anche la variazione nella denominazione dell’imputata: identificata solo con il cognome dal rappresentante dell’accusa Kessel’, viene invece chiamata per nome dal giudice Koni e, addirittura, per nome e patronimico dal difensore Aleksandrov, a marcare – in questi due casi – un riconoscimento della individualità e dignità della giovane terrorista. Questo approccio metodologico, che coniuga analisi semantico-pragmatica e retorica, mira non solo a ricostruire il profilo discorsivo di una delle imputate russe più controverse e mitizzate, ma anche a riflettere sulla costruzione dell’immagine giudiziaria dell’accusato nei processi penali russi del tardo impero, offrendo spunti metodologici utili anche per lo studio del discorso giuridico e giudiziario contemporaneo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
