All'odierna rafforzata affermazione delle "soggettività" nel mondo euroamericano, l'antropologia non è del tutto estranea, prestando la propria riflessione teorica alla legittimazione di un soggetivismo che finisce per essere solipsistico e negare la comunicazione interculturale. Certe derive autoreferenziali del pensiero post-moderno e una esasperata interpretazione delle storie di vita, hanno generato un "contagio" che ha pervaso una moltitudine di forme di rappresentazioni del sé nella gran parte degli ambiti dell'azione di uomini e donne. Ciò ha generato una vera e propria "industria" del sé che inghiotte e condanna tutti a nuove forme di voyerismo e solitudini comunicative. Ho inteso riflettere a mo' di rassegna su alcuni di questi ambiti dove il "contagio" ha avuto maggiore successo: dall'uso politico dello story telling, alle "filosofie" che hanno fatto nascere alcuni dei social network, alla raccolta di storie di vita contenute in un minuto, all'uso dei cellulari e dei programmi televisi, ecc. Nella gran parte delle società umane, non ancora del tutto inghiottite da questa "industria", si esplicitano sensi e usi del sé "diversi" (porto l'esempio con il quale ho più vissuto e mi sono misurata nel uotidiano) nei confronti dei quali l'antropologia dovrebbe continuare a prestare attenzione, sfidarne la comprensione ed assumerli come "manifesti" alternativi in contrasto alle nuove devastanti forme di colonizzazione del sé, e sostenere invece il diritto al multiculturalismo e alla diversità.

Storie di vita e soggettività sotto assedio.

CUTURI, Flavia Giuseppina
2012-01-01

Abstract

All'odierna rafforzata affermazione delle "soggettività" nel mondo euroamericano, l'antropologia non è del tutto estranea, prestando la propria riflessione teorica alla legittimazione di un soggetivismo che finisce per essere solipsistico e negare la comunicazione interculturale. Certe derive autoreferenziali del pensiero post-moderno e una esasperata interpretazione delle storie di vita, hanno generato un "contagio" che ha pervaso una moltitudine di forme di rappresentazioni del sé nella gran parte degli ambiti dell'azione di uomini e donne. Ciò ha generato una vera e propria "industria" del sé che inghiotte e condanna tutti a nuove forme di voyerismo e solitudini comunicative. Ho inteso riflettere a mo' di rassegna su alcuni di questi ambiti dove il "contagio" ha avuto maggiore successo: dall'uso politico dello story telling, alle "filosofie" che hanno fatto nascere alcuni dei social network, alla raccolta di storie di vita contenute in un minuto, all'uso dei cellulari e dei programmi televisi, ecc. Nella gran parte delle società umane, non ancora del tutto inghiottite da questa "industria", si esplicitano sensi e usi del sé "diversi" (porto l'esempio con il quale ho più vissuto e mi sono misurata nel uotidiano) nei confronti dei quali l'antropologia dovrebbe continuare a prestare attenzione, sfidarne la comprensione ed assumerli come "manifesti" alternativi in contrasto alle nuove devastanti forme di colonizzazione del sé, e sostenere invece il diritto al multiculturalismo e alla diversità.
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