Il lavoro si propone di riesaminare la questione della presenza di formazioni non decimali, in particolare vigesimali, in alcune lingue indoeuropee, con una focalizzazione sulle varietà linguistiche italiane, a partire da una più attenta considerazione del fenomeno della variabilità, anche all’interno di una singola tradizione, nell’espressione linguistica della quantità numerica. Le numerazioni miste, con più basi, e la convivenza di diverse procedure di numerazione sono fenomeni tutt’altro che rari. Anche lingue per le quali si registrano sistemi numerali marcatamente uniformi e coerenti nella strutturazione attorno ad una base unica possono rivelare, se sottoposte ad approfondimenti diacronici e diastratici, una molteplicità insospettabile di opzioni numerative anche in relazione a diverse istanze di quantificazione. Per altro, la presenza di un sistema numerale unico, omogeneo e fortemente integrato, correla tipicamente con situazioni di forte normatività istituzionale che non è dato di riscontrare nella totalità delle socio-culture e che non è sempre possibile confermare in prospettiva diacronica nemmeno per quelle che più fortemente manifestano l’azione di un modello standardizzante. Per contro, la ricostruzione del sistema numerale dell’indoeuropeo comune, così come lo studio approfondito della numerazione nei diversi raggruppamenti di lingue indoeuropee, ha avuto tra i suoi pricipi guida la concezione di un indoeuropeo coerentemente ed uniformemente decimale. La presenza di formazioni vigesimali in lingue indoeuropee è per lo più spiegata, in quegli studi che si pongono il problema di spiegarla, come conseguenza di contatto, quindi come fatto “esterno” ed “estraneo” alla linea ereditaria indeuropea. Il presente contributo, che tiene conto, tra l’altro, delle riflessioni di Winter (192, 24) sul tema della variabilità nella numerazione, si sofferma in primo luogo su formazioni numerali “idiosincratiche” indizianti la presenza in lingue indoeuropee di principi di strutturazione diversi, che sono state generalmente marginalizzate negli studi dedicati. Viene osservato come la compresenza di formazioni numerali alternative, non necessariamente in concomitanza con la variazione della base numerale, costituisca un fenomeno piuttosto diffuso nelle effettive pratiche di quantificazione numerale nelle lingue del mondo. Un caso del tutto moderno, peraltro non riconducibile a specifiche varietà sociali, sebbene tipico di un registro non formale, è l’uso da parte di parlanti di inglese e angloamericano di formazioni tipo twelve hundred invece di one thousand two hundred ‘1200’. Lo studio si sofferma anche su formazioni che utilizzano procedure sottrattive e divisive, che non di rado si pongono come varianti sincronicamente a disposizione del parlante rispetto a formazioni moltiplicative e additive. Le alternative possono poi presentarsi anche per quanto concerne l’ordine degli elementi nei numerali complessi e la presenza/assenza di un elemento che espliciti il rapporto interno alla forma complessa (es. Lat. decem ac nouem / decem nouem). Lo scopo è sottolineare come diverse opzioni possano essere disponibili in una medesima tradizione per la rappresentazione delle stesse quantità. In tale direzione vengono menzionati diversi casi attesatati in varietà linguistiche italiane. Lo studio quindi passa in rassegna la presenza di formazioni vigesimali in lingue indoeuropee, per poi soffermarsi sull’annosa questione dell’origine della vigesimalità nelle lingue dell’Europa, e su quella, correlata, della sua presenza in varietà dell’Italia Meridionale. A quest’ultimo riguardo viene fatto osservare, tra l’altro, come in tutte le varietà linguistiche italiane in questione si registri in modo pervasivo il modello di formazione basato sul nominale ‘ventina’ piuttosto che sul ‘venti’, il che indizia una opzione numerativa autonoma, motivata dall’attribuzione ad una certa quantità di uno statuto particolare, da cui la nominalizzazione, e di un ruolo canonico nella quantificazione di certi aspetti quotidiani dell’esistenza. Quindi Il “superstrato normanno” cui vengono, per lo più, ascritte le forme vigesimali in quest’area potrebbe, invece, aver semplicemente confermato e rinforzato un’opzione numerativa vigesimale pre- o coesistente con quella decimale.
La varietà nella numerazione e la questione della vigesimalità in Italia meridionale
PANNAIN, Rossella
2009-01-01
Abstract
Il lavoro si propone di riesaminare la questione della presenza di formazioni non decimali, in particolare vigesimali, in alcune lingue indoeuropee, con una focalizzazione sulle varietà linguistiche italiane, a partire da una più attenta considerazione del fenomeno della variabilità, anche all’interno di una singola tradizione, nell’espressione linguistica della quantità numerica. Le numerazioni miste, con più basi, e la convivenza di diverse procedure di numerazione sono fenomeni tutt’altro che rari. Anche lingue per le quali si registrano sistemi numerali marcatamente uniformi e coerenti nella strutturazione attorno ad una base unica possono rivelare, se sottoposte ad approfondimenti diacronici e diastratici, una molteplicità insospettabile di opzioni numerative anche in relazione a diverse istanze di quantificazione. Per altro, la presenza di un sistema numerale unico, omogeneo e fortemente integrato, correla tipicamente con situazioni di forte normatività istituzionale che non è dato di riscontrare nella totalità delle socio-culture e che non è sempre possibile confermare in prospettiva diacronica nemmeno per quelle che più fortemente manifestano l’azione di un modello standardizzante. Per contro, la ricostruzione del sistema numerale dell’indoeuropeo comune, così come lo studio approfondito della numerazione nei diversi raggruppamenti di lingue indoeuropee, ha avuto tra i suoi pricipi guida la concezione di un indoeuropeo coerentemente ed uniformemente decimale. La presenza di formazioni vigesimali in lingue indoeuropee è per lo più spiegata, in quegli studi che si pongono il problema di spiegarla, come conseguenza di contatto, quindi come fatto “esterno” ed “estraneo” alla linea ereditaria indeuropea. Il presente contributo, che tiene conto, tra l’altro, delle riflessioni di Winter (192, 24) sul tema della variabilità nella numerazione, si sofferma in primo luogo su formazioni numerali “idiosincratiche” indizianti la presenza in lingue indoeuropee di principi di strutturazione diversi, che sono state generalmente marginalizzate negli studi dedicati. Viene osservato come la compresenza di formazioni numerali alternative, non necessariamente in concomitanza con la variazione della base numerale, costituisca un fenomeno piuttosto diffuso nelle effettive pratiche di quantificazione numerale nelle lingue del mondo. Un caso del tutto moderno, peraltro non riconducibile a specifiche varietà sociali, sebbene tipico di un registro non formale, è l’uso da parte di parlanti di inglese e angloamericano di formazioni tipo twelve hundred invece di one thousand two hundred ‘1200’. Lo studio si sofferma anche su formazioni che utilizzano procedure sottrattive e divisive, che non di rado si pongono come varianti sincronicamente a disposizione del parlante rispetto a formazioni moltiplicative e additive. Le alternative possono poi presentarsi anche per quanto concerne l’ordine degli elementi nei numerali complessi e la presenza/assenza di un elemento che espliciti il rapporto interno alla forma complessa (es. Lat. decem ac nouem / decem nouem). Lo scopo è sottolineare come diverse opzioni possano essere disponibili in una medesima tradizione per la rappresentazione delle stesse quantità. In tale direzione vengono menzionati diversi casi attesatati in varietà linguistiche italiane. Lo studio quindi passa in rassegna la presenza di formazioni vigesimali in lingue indoeuropee, per poi soffermarsi sull’annosa questione dell’origine della vigesimalità nelle lingue dell’Europa, e su quella, correlata, della sua presenza in varietà dell’Italia Meridionale. A quest’ultimo riguardo viene fatto osservare, tra l’altro, come in tutte le varietà linguistiche italiane in questione si registri in modo pervasivo il modello di formazione basato sul nominale ‘ventina’ piuttosto che sul ‘venti’, il che indizia una opzione numerativa autonoma, motivata dall’attribuzione ad una certa quantità di uno statuto particolare, da cui la nominalizzazione, e di un ruolo canonico nella quantificazione di certi aspetti quotidiani dell’esistenza. Quindi Il “superstrato normanno” cui vengono, per lo più, ascritte le forme vigesimali in quest’area potrebbe, invece, aver semplicemente confermato e rinforzato un’opzione numerativa vigesimale pre- o coesistente con quella decimale.File | Dimensione | Formato | |
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