A seguito della riforma costituzionale introdotta nel 2001, il ‘turismo’ – materia in realtà complessa e di non semplice definizione - è assurto, in via residuale, a materia di competenza piena o esclusiva delle Regioni. La lettura fornita dalla Corte Costituzionale tende invece a ‘rimodulare’ questo assetto delle competenze: sia anche eccezionalmente, si riconosce allo Stato il potere di intervenire, sotto il profilo normativo ed amministrativo, in materia turistica – pure definita dalla Consulta “materia di competenza legislativa residuale, e dunque piena, delle Regioni” – in ragione della necessità di soddisfare le ‘esigenze unitarie’, in via di sussidiarietà, od anche per l’interferenza con materie attribuite alla competenza esclusiva statale o concorrente. Questo lavoro intende tuttavia evidenziare come non solo lo Stato abbia tentato in diverse occasioni di ‘riaccentrare’ i poteri ma come pure le Regioni, dal canto loro, abbiano mostrato diverse incertezze ed anche una certa incapacità ad espandere la propria autonomia, nonostante l’invito indiretto della stessa Corte costituzionale ad appropriarsi dei nuovi spazi di competenza legislativa in materia aperti dalla riforma costituzionale, mancando altresì di ricorrere a strumenti di coordinamento loro riconosciuti a livello statale. Questo ‘inattivismo’ e disorientamento delle Regioni ha consentito così allo Stato di riappropriarsi di ambiti ad esso sottratti e persino la re-introduzione di un Ministro del turismo.
La poliedrica materia ‘turismo’ nell’evoluzione normativa e giurisprudenziale: confusi “balletti” definitori (e di competenza) nei mutamenti del fenomeno
IMPARATO, Emma Annamaria
2012-01-01
Abstract
A seguito della riforma costituzionale introdotta nel 2001, il ‘turismo’ – materia in realtà complessa e di non semplice definizione - è assurto, in via residuale, a materia di competenza piena o esclusiva delle Regioni. La lettura fornita dalla Corte Costituzionale tende invece a ‘rimodulare’ questo assetto delle competenze: sia anche eccezionalmente, si riconosce allo Stato il potere di intervenire, sotto il profilo normativo ed amministrativo, in materia turistica – pure definita dalla Consulta “materia di competenza legislativa residuale, e dunque piena, delle Regioni” – in ragione della necessità di soddisfare le ‘esigenze unitarie’, in via di sussidiarietà, od anche per l’interferenza con materie attribuite alla competenza esclusiva statale o concorrente. Questo lavoro intende tuttavia evidenziare come non solo lo Stato abbia tentato in diverse occasioni di ‘riaccentrare’ i poteri ma come pure le Regioni, dal canto loro, abbiano mostrato diverse incertezze ed anche una certa incapacità ad espandere la propria autonomia, nonostante l’invito indiretto della stessa Corte costituzionale ad appropriarsi dei nuovi spazi di competenza legislativa in materia aperti dalla riforma costituzionale, mancando altresì di ricorrere a strumenti di coordinamento loro riconosciuti a livello statale. Questo ‘inattivismo’ e disorientamento delle Regioni ha consentito così allo Stato di riappropriarsi di ambiti ad esso sottratti e persino la re-introduzione di un Ministro del turismo.File | Dimensione | Formato | |
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