In questo lavoro ci si propone di offrire una panoramica delle lingue paleosiberiane nel suo insieme, contrapponendo la visione dominante, ufficiale, e quella alternativa, eterodossa, rappresentata dall’approccio macro-comparativo. La storia della classificazione di tali lingue presenta immediatamente, e da sempre, il suo carattere problematico e “anomalo”: non ci troviamo infatti in presenza di un raggruppamento linguistico compatto, scaturito dal riconoscimento di un’accertata affinità genealogica, né tanto meno di fronte a un gruppo di lingue che trovano nella continuità geografica un tratto forte, capace di giustificarne l’accorpamento. Non a caso l’idea di un loro raggruppamento sorge piuttosto tardi, solo con Jakobson, che le definisce “paleoasiatiche” e nel tempo si è dimostrata piuttosto elastica, accogliendo in momenti lingue inizialmente tenute fuori, come l’ ainu e le lingue del gruppo eskimo-aleutino. L’etichetta delle lingue paleosiberiane rappresenta una categoria passepartout, una sorta di contenitore nel quale collocare tutte quelle lingue che non appartengono alle due grosse famiglie linguistiche, la uralica e la altaica, che coprono quel territorio. Come ha sottolineato anche Comrie, queste lingue vengono caratterizzate per tratti negativi: oltre a non essere né uraliche, né altaiche, non sono tra di loro legate da una affinità genetica, né tanto meno costituiscono una lega linguistica. Esiste tuttavia una visione, o meglio, una pluralità di visioni, alternative alla classificazione canonica sulle quali si è voluto, in questa sede, proporre un bilancio. Se si esce dalla circolarità del gruppo paleosiberiano, alla ricerca di interpretazioni alternative (che rientrano nell’approccio macrocomparativo), si percepisce la forza centrifuga che conduce ad una pluralità di ipotesi per ciascuna delle lingue definite “paleosiberiane”. Le ipotesi relative alla collocazione di tali lingue in assetti linguistici più ampi rispetto alla classica famiglia, si inscrivono nelle più importanti proposte di preistoria linguistica degli ultimi anni: la nostratica, la dene-caucasica ed infine quella eurasiatica, avanzata da Greenberg.
Le lingue paleosiberiane tra classificazione canonica e macro-comparazione
DI PACE, Lucia
2002-01-01
Abstract
In questo lavoro ci si propone di offrire una panoramica delle lingue paleosiberiane nel suo insieme, contrapponendo la visione dominante, ufficiale, e quella alternativa, eterodossa, rappresentata dall’approccio macro-comparativo. La storia della classificazione di tali lingue presenta immediatamente, e da sempre, il suo carattere problematico e “anomalo”: non ci troviamo infatti in presenza di un raggruppamento linguistico compatto, scaturito dal riconoscimento di un’accertata affinità genealogica, né tanto meno di fronte a un gruppo di lingue che trovano nella continuità geografica un tratto forte, capace di giustificarne l’accorpamento. Non a caso l’idea di un loro raggruppamento sorge piuttosto tardi, solo con Jakobson, che le definisce “paleoasiatiche” e nel tempo si è dimostrata piuttosto elastica, accogliendo in momenti lingue inizialmente tenute fuori, come l’ ainu e le lingue del gruppo eskimo-aleutino. L’etichetta delle lingue paleosiberiane rappresenta una categoria passepartout, una sorta di contenitore nel quale collocare tutte quelle lingue che non appartengono alle due grosse famiglie linguistiche, la uralica e la altaica, che coprono quel territorio. Come ha sottolineato anche Comrie, queste lingue vengono caratterizzate per tratti negativi: oltre a non essere né uraliche, né altaiche, non sono tra di loro legate da una affinità genetica, né tanto meno costituiscono una lega linguistica. Esiste tuttavia una visione, o meglio, una pluralità di visioni, alternative alla classificazione canonica sulle quali si è voluto, in questa sede, proporre un bilancio. Se si esce dalla circolarità del gruppo paleosiberiano, alla ricerca di interpretazioni alternative (che rientrano nell’approccio macrocomparativo), si percepisce la forza centrifuga che conduce ad una pluralità di ipotesi per ciascuna delle lingue definite “paleosiberiane”. Le ipotesi relative alla collocazione di tali lingue in assetti linguistici più ampi rispetto alla classica famiglia, si inscrivono nelle più importanti proposte di preistoria linguistica degli ultimi anni: la nostratica, la dene-caucasica ed infine quella eurasiatica, avanzata da Greenberg.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.