Il saggio mette in luce la connessione tra linguistica e darwinismo attraverso l’analisi della significativa posizione di Max Müller, autore altamente rappresentativo del dibattito che si scatenò nei circoli linguistici a seguito della diffusione delle teorie darwiniane. Partendo dall’analisi di una serie di giudizi -espressi da autorevoli studiosi del panorama linguistico dell’epoca e dei periodi successivi- che si manifestano diametralmente opposti circa la visione che Max Müller avrebbe espresso riguardo alla applicabilità o meno del darwinismo alla sfera linguistica, il lavoro intende sottolineare proprio la contraddittorietà di questo autore (condizione che avrebbe non a caso determinato il sorgere di giudizi così divergenti). Paradossalmente, egli fu un darwiniano in linguistica ma non in biologia e in antropologia. Quegli stessi principi che trovò operanti in campo linguistico, li negò negli ambiti per i quali erano sorti. Così, ad esempio, accettò il principio di selezione come operante tra le diverse forme linguistiche (diffusione di forme analogiche) e tra le diverse varietà linguistiche (affermazione delle lingue sui dialetti), ma lo negò come principio che aveva portato all’affermazione della facoltà del linguaggio umano. Accettò il gradualismo e il trasformazionismo come meccanismi capaci di spiegare l’evoluzione linguistica, riconoscendo nei diversi tipi linguistici la trasformazione da un tipo all’altro e rintracciando nelle genealogie linguistiche lo svilupparsi di una lingua da un’altra (il greco, il latino, ad esempio, dall’indeuropeo); ma rifiutò l’idea che il linguaggio umano potesse essersi trasformato a partire da quello animale, e che le parole potessero essersi (tras)formate a partire da suoni naturali, onomatopee e interiezioni.

Max Müller tra accettazione e rifiuto del darwinismo

DI PACE, Lucia
2011-01-01

Abstract

Il saggio mette in luce la connessione tra linguistica e darwinismo attraverso l’analisi della significativa posizione di Max Müller, autore altamente rappresentativo del dibattito che si scatenò nei circoli linguistici a seguito della diffusione delle teorie darwiniane. Partendo dall’analisi di una serie di giudizi -espressi da autorevoli studiosi del panorama linguistico dell’epoca e dei periodi successivi- che si manifestano diametralmente opposti circa la visione che Max Müller avrebbe espresso riguardo alla applicabilità o meno del darwinismo alla sfera linguistica, il lavoro intende sottolineare proprio la contraddittorietà di questo autore (condizione che avrebbe non a caso determinato il sorgere di giudizi così divergenti). Paradossalmente, egli fu un darwiniano in linguistica ma non in biologia e in antropologia. Quegli stessi principi che trovò operanti in campo linguistico, li negò negli ambiti per i quali erano sorti. Così, ad esempio, accettò il principio di selezione come operante tra le diverse forme linguistiche (diffusione di forme analogiche) e tra le diverse varietà linguistiche (affermazione delle lingue sui dialetti), ma lo negò come principio che aveva portato all’affermazione della facoltà del linguaggio umano. Accettò il gradualismo e il trasformazionismo come meccanismi capaci di spiegare l’evoluzione linguistica, riconoscendo nei diversi tipi linguistici la trasformazione da un tipo all’altro e rintracciando nelle genealogie linguistiche lo svilupparsi di una lingua da un’altra (il greco, il latino, ad esempio, dall’indeuropeo); ma rifiutò l’idea che il linguaggio umano potesse essersi trasformato a partire da quello animale, e che le parole potessero essersi (tras)formate a partire da suoni naturali, onomatopee e interiezioni.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11574/40197
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