Durante la seconda metà degli anni Venti, la fine della fragile “democrazia Taishō” e i sempre crescenti sentimenti anti-occidentali favorirono in Giappone il radicalizzarsi del nipponismo e del culturalismo (bunkashugi) che spesso si espressero nei termini di una dura critica alla sfida modernizzante avviata nel paese fin dall’epoca Meiji. L’azione restauratrice (una “contro-restaurazione Meiji”, o una “Restaurazione Shōwa”) propugnata da attivisti radicali convertiti dal socialismo all’estrema destra, come Kita Ikki, il comunitarismo agricolo di Tachibana Kosaburō e di Gondō Seikyō ed infine, l’influenza esercitata in alcuni circoli accademici dalla geopolitica haushoferiana, costituirono i primi segni di un nipponismo votato all’eccezionalismo culturale. Sul piano storico-filosofico, ciò produsse un’attività altrettanto feconda che si svolse principalmente nell’ambito della “Scuola di Kyōto” (in particolare, intorno alla rivista Chūōkōron) e che diede luogo ad una serie di dibattiti estremamente interessanti. Il simposio sul «superamento della modernità», organizzato dalla Bungakukai, e al quale parteciparono alcuni tra i più eminenti intellettuali giapponesi dell’epoca, segnò probabilmente l’epilogo di questa fase storica in cui nipponismo e panasiatismo si ritrovarono drammaticamente a convivere. Il presente saggio ripercorre le dinamiche che hanno contrassegnato questo delicato processo di transizione politico-culturale attingendo a fonti primarie in giapponese e mai tradotte in altre lingue. La sezione finale del lavoro, infine, esplora i termini più recenti del dibattito storiografico in corso e mette in luce le lacune interpretative che persistono a livello internazionale sul tema oggetto di analisi.
Il Giappone e l'Occidente: dalla rivolta culturale al simposio sul "superamento della modernità" (Tokyo, 1942)
FRATTOLILLO, OLIVIERO
2006-01-01
Abstract
Durante la seconda metà degli anni Venti, la fine della fragile “democrazia Taishō” e i sempre crescenti sentimenti anti-occidentali favorirono in Giappone il radicalizzarsi del nipponismo e del culturalismo (bunkashugi) che spesso si espressero nei termini di una dura critica alla sfida modernizzante avviata nel paese fin dall’epoca Meiji. L’azione restauratrice (una “contro-restaurazione Meiji”, o una “Restaurazione Shōwa”) propugnata da attivisti radicali convertiti dal socialismo all’estrema destra, come Kita Ikki, il comunitarismo agricolo di Tachibana Kosaburō e di Gondō Seikyō ed infine, l’influenza esercitata in alcuni circoli accademici dalla geopolitica haushoferiana, costituirono i primi segni di un nipponismo votato all’eccezionalismo culturale. Sul piano storico-filosofico, ciò produsse un’attività altrettanto feconda che si svolse principalmente nell’ambito della “Scuola di Kyōto” (in particolare, intorno alla rivista Chūōkōron) e che diede luogo ad una serie di dibattiti estremamente interessanti. Il simposio sul «superamento della modernità», organizzato dalla Bungakukai, e al quale parteciparono alcuni tra i più eminenti intellettuali giapponesi dell’epoca, segnò probabilmente l’epilogo di questa fase storica in cui nipponismo e panasiatismo si ritrovarono drammaticamente a convivere. Il presente saggio ripercorre le dinamiche che hanno contrassegnato questo delicato processo di transizione politico-culturale attingendo a fonti primarie in giapponese e mai tradotte in altre lingue. La sezione finale del lavoro, infine, esplora i termini più recenti del dibattito storiografico in corso e mette in luce le lacune interpretative che persistono a livello internazionale sul tema oggetto di analisi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.